il processo
Società Foggiana, le verità del pentito Giuseppe Francavilla : «Così funzionava il cartello della droga»
È stato sentito come teste d’accusa nella tranche foggiana del processo Game Over, in corso in Tribunale a Foggia a 19 imputati
Fu uno dei… padri fondatori del sistema voluto dalla “Società” per smerciare chili di cocaina a Foggia e imporre agli spacciatori di rifornirsi esclusivamente dai clan a prezzi e quantitativi imposti; adesso è dall’altra parte della barricata e punta il dito contro ex soci e affiliati. Giuseppe Francavilla, 47 anni, per vent’anni al vertice dell’omonimo clan federato con i Sinesi, pentitosi il 31 gennaio 2024, ha deposto ieri in videocollegamento da una località segreta. E’ stato sentito come teste d’accusa citato dal pm della Dda Bruna Manganelli nella tranche foggiana del processo “Game over” in corso in Tribunale a Foggia a 19 imputati (vedi scheda a fianco ndr) accusati di traffico e spaccio di cocaina aggravati dalla mafiosità per metodi usati e per aver agevolato la “Società”.
Interrogatorio breve perché su accordo tra pm e difesa acquisite agli atti le dichiarazioni rese alla Dda il 31 gennaio 2024 nel primo interrogatorio in cui manifestò la decisione di collaborare con la Giustizia. Rispondendo a qualche domanda dei difensori, ha detto che il boss Rocco Moretti, uno dei 19 imputati in attesa di giudizio, non poteva non sapere visto il ruolo di primo piano nel panorama criminale foggiano; ha precisato che l’iniziale accordo fu col figlio Pasquale e quindi col padre Rocco quando questi fu scarcerato. Giuseppe Francavilla, e il fratello Ciro pure pentito e che verrà interrogato nella prossima udienza del 24 giugno, furono coinvolti nell’inchiesta “Game over”; nel processo-gemello a 58 imputati celebrato con rito abbreviato davanti al gup di Bari nel luglio 2024 sono stati condannati a 5 anni e 4 mesi ciascuno, pena diventata definitiva, quale promotori del sodalizio. La collaborazione con la Giustizia ha evitato loro una condanna a 20 anni.
Stando al racconto di Giuseppe Francavilla “tutto partì nel 2013 con la scarcerazione mia e di Pasquale Moretti” (non imputato mentre il padre Rocco e il figlio Rocco junior sono tra i 19 sotto processo a Foggia) “quando ci incontrammo per definire la situazione, stare tranquilli, non farci la guerra in quel momento. Iniziammo così una società. Dalla parte nostra eravamo io, mio fratello Ciro, Alessandro Aprile, Francesco Pesante” (condannati a 20 anni in primo grado nel rito abbreviato) “e Antonio Salvatore”, sotto processo a Foggia; “dalla parte dei Moretti c’erano Pasquale Moretti e la famiglia Lanza. Si decise di imporre il sistema agli spacciatori con un solo canale di riferimento per la cocaina”. Lo smercio di hashish e marijuana era libero; chi spacciava eroina doveva invece pagare 6mila euro al mese ai clan.
Secondo il pentito, gli ideatori del sistema misero “10mila euro a testa per l’acquisto di cocaina. Aprile e Leonardo Lanza” (anche per quest’ultimo condanna a 20 anni nell’abbreviato) “si occuparono di rifornirsi a Cerignola; e di fare il giro di tutti gli spacciatori per dirgli che dovevano rifornirsi solo da noi. Rientrammo in poco tempo dei soldi investiti, prendendo ognuno 5mila euro e versando il resto nella cassa comune” creata per pagare stipendi agli affiliati, mantenere famiglie di detenuti, acquistare altro stupefacente. “A tutti gli spacciatori fu detto: ‘da oggi la cocaina la venite a prendere da noi a 60 euro al grammo? O accettavano o… accettavano perché in caso contrario ci sarebbero state ritorsioni, ma non ce ne fu bisogno perchèéaccettarono tutti”.
A dire di Giuseppe Francavilla “questo sistema funzionò sino al 2015” (questo è un aspetto centrale della strategia difensiva per sostenere che all’epoca dei fatti contestati, datati 2017/2019, il presunto patto era venuto meno, per cui non sussiste il reato di traffico di droga ma tutt’al più singoli episodi di spaccio non aggravati dalla mafiosità) “quando cominciarono i casini”, visto che riesplose la guerra tra i Moretti/Pellegrino/Lanza e i Sinesi/Francavilla che in 13 mesi, tra settembre 2015 e ottobre 2016, contò 10 sparatorie con 3 morti e 11 feriti/scampati. Che fine fece il sistema? “A fine 2015 ogni clan si faceva il suo” la risposta di Giuseppe Francavilla, nel senso che ogni batteria aveva il proprio gruppo di spacciatori da rifornire. “Nel 2017 Rodolfo Bruno”, cassiere del clan Moretti, ucciso il 15 novembre 2018 in un agguato di mafia, “venne da me per tentare di ricostituire il sistema, perché lui era un tipo cui interessava fare soldi, non voleva casini. Mi invitò a rimetterci insieme, gli risposi che non era possibile; si riprovò per qualche mese ma poi ognuno andò per la propria strada”. In apertura d’udienza l’avv. Claudio Caira ha formalizzato un’eccezione di nullità in quanto a comporre il collegio giudicante c’era un giudice onorari mentre per i processi per reati di mafia sono previsti tre giudici togati; il presidente ha rigettato l’eccezione spiegando che nel 2025 c’è stata una riforma legislativa che consente di surrogare il giudice togato con un giudice onorario.