i pentiti
Foggia, coi fratelli Francavilla crolla il muro di omertà: la svolta nelle indagini
I due pentiti possono dire molto su boss ed affiliati della Società. Dal traffico di stupefacenti al racket delle estorsioni e al riciclaggio, tutti reati aggravati dal metodo della mafiosità
Ciro Francavilla: “Intendo collaborare con la Giustizia perché voglio cambiare vita, e non voglio che i miei figli vengano a trovarmi in carcere in modo da assicurargli una vita migliore. Ero inserito nella Società foggiana, appartenevo al clan Sinesi/Francavilla; essendo inserito in questo contesto criminale rientro a pieno nell’operazione che voi definiti Game over”, sul traffico di cocaina gestito in regime di monopolio dalla mafia foggiana. Giuseppe Francavilla: “Intendo collaborare per dare un futuro migliore a mia moglie e i miei figli, e per una rottura con Antonello Francavilla” (il cugino al vertice del clan); “ho saputo che mio fratello Ciro ha deciso di collaborare, ma questa sua decisione non ha influito sulla mia scelta; ammetto gli addebiti contestati in Game over”.
Sono le prime dichiarazioni dei fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla foggiani di 50 e 45 anni soprannominati “i capelloni”, esponenti di spicco dell’omonima batteria, detenuti dal novembre 2018, condannati in via definitiva per mafia e estorsione a poco meno di 10 anni il primo e 12 anni il secondo nel blitz “Decimazione”. Sono imputati di traffico di droga aggravato dalla mafiosità e spaccio, con il ruolo di capi e organizzatori nell’inchiesta “Game over”: 90 indagati; 82 arresti il 24 luglio 2023 tra cui i due fratelli, 100 capi d’accusa; 75 imputati nel processo sdoppiatosi tra i 14 del giudizio immediato iniziato il 9 gennaio in Tribunale a Foggia, e i 61 che hanno scelto il rito abbreviato (compresi i due Francavilla) cominciato il 2 febbraio davanti al gup di Bari.
Le prime dichiarazioni sull’affare droga gestito dalla “Società” e sui coimputati - quelle di Ciro rese il 23 dicembre scorso nel carcere di Spoleto dov’è al 41 bis; seguito da Giuseppe interrogato il 31 gennaio nel penitenziario di l’Aquila, anche lui è sottoposto al duro regime penitenziario - sono state depositate dalla Dda nel processo “Game over” a disposizione di difensori e imputati, per cui non sono più coperte dal segreto istruttorio.
Considerato il ruolo di spicco dei due mafiosi neo collaboratori di Giustizia, pm, carabinieri e poliziotti chiederanno e/o avranno chiesto a Ciro e Giuseppe Francavilla cosa sanno delle cicliche guerre tra clan (entrambi furono coinvolti, tanto da essere arrestati e condannati nel blitz antimafia “Araba fenice” del maggio 2003, in quella più cruenta del 2002/2003 con 14 morti e 4 agguati falliti in 15 mesi conseguenza della rivalità tra i Sinesi/Francavilla e l’allora clan Trisciuoglio/Prencipe); di estorsioni, il core business dei mafiosi forti dell’omertà e del silenzio quasi generalizzato delle vittime; dei vari affari delle batterie, dalla droga all’usura passando per le armi e il riciclaggio; dei guadagni della Società che il pentito che li ha preceduti, Patrizio Villani anche lui dei Sinesi/Francavilla, ha quantificato in oltre 200mila euro al mese provenienti da spaccio e pizzo; della borghesia mafiosa, ossia “la terra di mezzo, il punto d’incontro in cui convergono interessi della criminalità e di alcuni esponenti infedeli dell’imprenditoria e della pubblica amministrazione”, secondo l’analisi della Dia; delle alleanze tra “Società” e altre mafie locali e di fuori provincia e regione.
Dei 15 collaboratori di Giustizia in 32 anni di storia della “Società” - il primo fu Salvatore Chiarabella nel luglio del ’92 - Ciro e Giuseppe Francavilla sono gli ultimi arrivati e quelli dallo spessore criminale più elevato per il ruolo rivestito. Dire che in tanti oggi tremano e non solo malavitosi per quello che diranno i due pentiti sarà pure un luogo comune, ma per citare Francois Sagan, scrittrice francese: “Ho paura dei luoghi comuni perché sono quasi sempre veri”.