contagi
Foggia, migranti col Covid: più vigilanza
Il policlinico blinda l’ospedale D’Avanzo, altri tentativi di fuga dei pazienti ricoverati
FOGGIA - La sorveglianza è discreta, ma più costante. Soprattutto più efficace da quando l’allontanamento volontario di due ragazzi extracomunitari- asintomatici e positivi al tampone il 21 scorso dal presidio Colonnello D’Avanzo a Foggia - ha sollevato un problema nel problema: difficile tenere in un letto d’ospedale persone che sostanzialmente si sentono “bene”, che spesso non capiscono la nostra lingua e sono perfettamente consapevoli che un giorno in meno sottratto al lavoro significa per loro perdere un guadagno importante per il proprio sostentamento e quello della propria famiglia lasciata in patria. La sorveglianza dei cittadini extracomunitari colpiti dal Covid è questione scottante in una provincia che conta almeno una decina di baraccopoli di migranti sparsi sul territorio (5mila, 10mila?) che vedono nella Capitanata un luogo sicuro dove poter trovare lavoro data la grande richiesta di manodopera nelle campagne, ma devono adesso fare i conti col rischio contagi.
I due ragazzi scappati, un maliano e un nigeriano, sono stati per fortuna subito ripresi e riportati in ospedale anche se la loro fuga rivela la vulnerabilità di una struttura sanitaria che da sola (o con l’intervento delle forze dell’ordine) non può comunque occuparsi di questo genere di recuperi. Tocca semmai ai prefetti farlo. E dunque in attesa di stabilire un dispositivo per questo genere di interventi, si è deciso di rafforzare i controlli alle porte e nel reparto Covid del D’Avanzo perchè altri potrebbero essere indotti a farlo tra la decina di pazienti extracomunitari ricoverati (sarebbero già stati segnalati altri tentativi di fuga). Un episodio che dunque ha aperto una riflessione anche da parte dell’Asl, intenzionata ora a requisire un intero albergo da dedicare ai pazienti Covid tra i cittadini extracomunitari che dovessero ancora essere colpiti dal virus, nel timore di numeri ancor più importanti tra i contagiati e per scongiurare il rischio che i luoghi di cura diventino una sorta di astanteria di migranti.
I contagi nei ghetti sono dunque la vera grande emergenza in questa provincia, un problema monitorato dall’Asl e dalle organizzazioni non governative e dalle Usca (unità mediche dell’Asl che stazionano all’esterno), nuclei attivi che effettuano direttamente i tamponi ai residenti nelle bidonville. Particolarmente “attenzionata” quella sull’ex pista di borgo Mezzanone, oltre duemila persone che vivono nelle baracche di lamiera e con rischi di assembramento praticamente quotidiani e una facilità di contagio facilmente immaginabile. Solo nell’ultima settimana si contano quindici casi di positività tra i cittadini stranieri (quasi tutti rilevati dopo i tamponi effettuati a borgo Mezzanone) e oltre 170 persone sottoposte a sorveglianza attiva volontaria che l’Asl monitora quotidianamente e il Policlinico tiene sotto controllo attraverso le sue strutture, ritenute tuttavia inidonee in questa situazione.
Attualmente al D’Avanzo una guardia non armata presidia la zona antistante il reparto Covid in aggiunta ad altre postazioni di guardiania non armata già attive presso lo stesso nosocomio. Dopo la fuga dei due pazienti è stato inoltre montato un ulteriore punto di guardinia non armata mobile h24 a presidio dei lati sud e ovest dello stabilimento ospedaliero con finestre e balconi nei reparti Covid. Tra le disposizioni impartite dalla direzione generale del Policlinico, è previsto il «costante contatto» della guardiania non armata con le altre guardie non armate presenti all’accesso del perimetro ospedaliero all’ingresso pedonale lato nord, all’accesso del reparto Covid del secondo piano, nonchè con la ronda armata all’esterno della struttura. La «richiesta immediata di mediatori culturali, con l’intervento delle Ong in convenzione», viene ritenuta in ogni caso il primo elemento di deterrenza per scoraggiare la fuga dei pazienti stranieri. Sono stati pertanto pianificati in tal senso «interventi programmati di mediazione culturale con cadenza bisettimanale a favore dei pazienti ricoverati presso i reparti Covid».