il pensiero

Il maestro Manzi contro l’ignoranza (ma la tv di oggi?)

paolo comentale

Che bello sarebbe riprendere oggi lo spirito di quella trasmissione. Per incidere davvero nell’istruzione e nel mondo della scuola non basta la famosa «buona volontà»

«Smesso che fu di nevicare Pinocchio con il suo bravo abbecedario sotto il braccio prese la strada che menava alla scuola e strada facendo fantasticava nel suo cervellino mille e mille ragionamenti: oggi imparerò a leggere, domani a scrivere poi…».

Ricordate? È l’inizio del nono capitolo del capolavoro di Collodi là dove il nostro eroe fa i conti con la scuola. L’Italia del dopoguerra, uscita distrutta dal conflitto bellico, aveva una altissima percentuale di analfabeti e doveva necessariamente porre rimedio. E fu così che il 15 novembre del 1960 andò in onda sul primo canale Raila prima puntata del programma Non è mai troppo tardi. In trenta minuti, dal lunedì al venerdì, chi voleva imparare a leggere e a scrivere aveva dalla televisione pubblica una preziosa opportunità. Un grande servizio pubblico.

Si trattava di originali lezioni in video dove, accanto alle lettere e alle parole, si trasmettevano filmati e interviste. Artefice di questa straordinaria forma di scuola attiva è stato il maestro Alberto Manzi. Una figura carismatica per una scuola nuova che aveva al suo centro non le aride nozioni, le sfilze inutili di date di eventi da mandare a memoria, bensì la formazione del cittadino.

Alberto Manzi aveva maturato delle importanti esperienze umane, insegnante negli anni ‘50 nel carcere minorile di Roma con 94 alunni dai 9 ai 17 anni. Anche in quella circostanza il maestro Manzi riuscì a portare a termine il suo compito, nonostante le evidenti difficoltà. Ai tempi del boom economico, la scuola diventò un ascensore sociale: il padre operaio aveva come obiettivo far studiare il figlio. Il successo del programma fu subito immediato. «Ricordate non c’è niente di difficile, con una parola apriamo il mondo nuovo intorno a noi». Con queste parole il maestro Manzi aprì la prima puntata della trasmissione destinata a un successo straordinario. In un Paese che resta ancora oggi agli ultimi posti per libri letti, per lauree conseguite, per occupazione femminile, un Maestro con una lavagna, un gessetto e un grande sorriso trasformò un programma in una trasmissione di culto per tutti. Il segreto di un successo, che rimase inalterato nel corso degli anni, risiedeva in un concetto semplice e vero: credere in sé stessi.

Non solo: Non è mai troppo tardi era un programma ambizioso, si trattava di sconfiggere l’ignoranza, la non conoscenza e la paura. La paura che poteva prendere gli anziani scolari nel rivelare a sé stessi e al pubblico televisivo, che aumentava di giorno in giorno, che non si sa né leggere né scrivere. Una delle sequenze più emozionanti di quelle memorabili lezioni è una breve inquadratura: le mani del Maestro intrecciate apparentemente in riposo con le dita ancora sporche di inchiostro. Sporche di lavoro, dignitoso e importantissimo. Che distanza dalla televisione di oggi con programmi urlati, con disprezzo per gli interlocutori e dove spesso volano parole e gesti irripetibili!

La scuola italiana ha goduto di persone di valore a partire da Maria Montessori fino a giungere a Manzi. Gianni Rodari e Mario Lodi non nascono dal nulla. A fronte di tante riforme delle istituzioni scolastiche, a fronte di tante trovate più o meno geniali, più o meno utili, più o meno ideologiche, che bello sarebbe riprendere oggi lo spirito di quella trasmissione. Per incidere davvero nell’istruzione e nel mondo della scuola non basta la famosa «buona volontà».

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