cronaca

Dagli States alla Puglia, le corse clandestine della gioventù bruciata

ENZO VERRENGIA

La morte stradale di Beatrice Bellucci sulla Cristoforo Colombo, a Roma, richiama l’attenzione sull’ennesima deriva della nuova fascia d’età

La morte stradale di Beatrice Bellucci sulla Cristoforo Colombo, a Roma, richiama l’attenzione sull’ennesima deriva della nuova fascia d’età. Quella che fa venire alla memoria le amare quanto sarcastiche parole di Giovanni Guareschi in Don Camillo e i giovani d’oggi: «Più che una generazione è una degenerazione». Con ogni probabilità, l’incidente che ha reciso precocemente l’esistenza della ragazza rientra nelle «corse clandestine», un fenomeno segnalato da tempo ma mai preso nella dovuta ed estremamente preoccupata considerazione.

Attecchisce ormai dappertutto, anche in Puglia e Basilicata. È di queste ore l’episodio vissuto dal giornalista Ugo Sbisà sulla statale 16, nota per la sua proverbiale insicurezza, nel tratto fra Mola e Torre a Mare in direzione nord. Dapprima i forsennati lampeggiamenti di un’auto dietro quella guidata da Sbisà. Poi lui dà strada, credendo possa trattarsi di un’emergenza. Infine il sorpasso ad altissima velocità di una carovana di bolidi in evidente competizione. Indianapolis formato pugliese.

Il circuito di San Severo comprende il «giro esterno», denominazione locale del percorso che delimita il centro storico. Lungo di esso, ogni notte si svolgono gare di velocità che disturbano il riposo dei residenti e istituiscono un territorio off limits sotto il dominio dei corridori illegali.

A Lecce, Carabinieri e Guardia di Finanza intervengono per stoppare gare clandestine di moto. Centauri allo sbaraglio che, se non debitamente fermati, accrescono i rischi della circolazione su gomma, tra le più pericolose del mondo in Italia, dove perfino Ian Fleming, non certo un novizio del volante, temeva di mettersi alla guida fin dalla sua epoca.

In Basilicata si può risalire a 11 anni fa per imbattersi in una notizia di cronaca allora presa un po’ sotto gamba. A Matera, una vettura capitombolò su uno spartitraffico, distruggendolo. Con ogni probabilità la prodezza faceva parte di una corsa clandestina. Lo scorso luglio, il Prefetto di Potenza, Michele Campanaro, ha disposto l’intensificazione dei controlli sulla SS92, per intervenire sull’aumento di sinistri provocati anche dalle gare fra moto di grossa cilindrata. Il provvedimento veniva emesso a seguito di crescenti segnalazioni dai comuni dell’area provinciale interessata.

A questo punto sarebbero d’obbligo le risapute riflessioni sulle inquietudini giovanili, la mancanza di prospettive, il ruolo delle famiglie e bla, bla, bla. Forse invece giova un approccio differente. Le corse clandestine sono, come le consuetudini peggiori del secondo dopoguerra, di derivazione americana. Oltre l’atlantico il Far West non è mai approdato alla civiltà. Lo sancì, fra gli altri, Nicholas Ray con il suo capolavoro del 1955, Gioventù bruciata. La versione italiana del titolo originale, Rebel without a Cause, ribelle senza motivo, è divenuta un toponimo per indicare quelli che correttamente Padoa-Scioppa definì «bamboccioni» e Michele Serra «sdrasciati». O «vitelloni», secondo Fellini. Si parla di una specie ipercoccolata, straviziata e perennemente in cerca di sensazioni forti, incapace di proiettare il pensiero nella cultura e nella grande progettualità collettiva che innesca l’evoluzione. Il film di Ray fu peraltro un presagio della morte reale del suo protagonista, James Dean, avvenuta proprio su strada a pochissima distanza dall’uscita dell’opera. Alle macchine in corsa verso il baratro fu addirittura conferito un alone nostalgico in American Graffiti, diretto da George Lucas nel 1973.

Rispetto all’epopea delinquenziale americana quella italiana sembra una parodia. Da Gioventù bruciata a gioventù bruciacchiata. Ma si ripensa anche alle auto da incubo, materializzazioni delle Christine, di Stephen King. Per esempio l’Audi gialla che impazzò sulle strade del nord-est, a partire da Abano Terme. O la RS4, con targa ticinese, rubata a Malpensa e inseguita da una delle due Lamborghini Huracan donate alla Polizia. La ritrovarono nel trevigiano, distrutta da un rogo.

«Il paesaggio si è messo in movimento» scrive Victor Hugo dopo il suo primo viaggio in treno. In un mezzo meccanico che corre torna l’illusione di essere immobile al centro di una totalità in scorrimento. James Ballard propose il concetto nel romanzo del 1973 Crash, da cui David Cronenberg trasse l’omonima pellicola nel 1997. L’abitacolo costituisce il ricettacolo di un metabolismo a idrocarburi, i cui orgasmi non possono che coincidere con gli slanci degli acceleratori che spesso culminano negli scontri.

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