l'analisi
La lotta non violenta salverà il mondo dalla follia armata
Oggi 2 ottobre, data di nascita di Gandhi, si celebra la Giornata Internazionale della Nonviolenza. In quale contesto globale?
Oggi 2 ottobre, data di nascita di Gandhi, si celebra la Giornata Internazionale della Nonviolenza. In quale contesto globale? Decine di guerre non «dimenticate» ma semplicemente ignorate, un conflitto armato potenzialmente mondiale in Europa, un genocidio a Gaza innescato dal perverso circolo vizioso della violenza.
In quale tempo storico? Quello in cui militarismo e militarizzazione delle coscienze divorano terreno, dai massicci piani di riarmo della NATO ed europei, al ripristino della leva in Germania, all’esibizione di carri armati alla Fiera del Levante, fino all’addestramento con droni nelle scuole lituane. La nonviolenza rimane così la grande prospettiva spesso assente dal dibattito pubblico.
Eppure la nonviolenza, che non è certo passività, è una strategia politica efficace, attuata da Gandhi e teorizzata da studiosi come Galtung e Sharp. Si basa su un principio semplice ma rivoluzionario: il potere dei governanti deriva dal consenso e dalla cooperazione dei governati.
La lotta nonviolenta mira proprio a indebolire o bloccare queste fonti del potere. Si articola in un vasto repertorio di azioni: dalla protesta alla non-cooperazione (scioperi, boicottaggi), fino all'intervento diretto, come nel caso della disobbedienza civile.
Ci sono però segnali di una controtendenza, che mostrino come i metodi della nonviolenza stiano tornando sulla scena, contro il genocidio e ad opera della società civile? Senza presunzione di completezza, se ne possono elencare alcuni:
1) Innanzitutto, la Global Sumud Flottilla, che vuole spezzare, con un’azione dichiaratamente nonviolenta, il blocco israeliano imposto a Gaza e attivare un corridoio umanitario per gli aiuti alimentari e sanitari.
2) La lotta dei portuali che stanno bloccando carichi di armi e munizioni destinati ad Israele (a Genova, Livorno, Ravenna e Taranto, ma anche in Francia, Spagna, Grecia, Tunisia...).
3) Il rilancio della Campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), mirata soprattutto all’economia e alla politica israeliana, come già accadde con successo per il Sudafrica dell’apartheid. Esempio ne è il boicottaggio dell’azienda farmaceutica israeliana TEVA, promosso anche a Foggia.
4) La grande adesione allo sciopero (storico esempio di boicottaggio e non-cooperazione) del 22 settembre.
5) I cortei con complessive diverse centinaia di migliaia di persone sia il 22 settembre, che prima e dopo.
6) Le proteste per la presenza di una squadra israeliana al giro ciclistico di Spagna, che hanno portato ad annullare l'ultima tappa e a ridurre il percorso di un’altra.
7) L'abbandono dell’Assemblea ONU da parte di moltissime delegazioni prima che Netanyahu iniziasse lì a parlare il 26 settembre.
8) Il documentario Oscar 2025 No Other Land, sulla resistenza nonviolenta in Cisgiordania all'occupazione israeliana e agli attacchi dei coloni.
Caratteristica comune a quasi tutte queste azioni è la mobilitazione dal basso, cifra peculiare anche della resistenza civile nonviolenta.
Chi consideri la nonviolenza una prospettiva utopistica deve fare i conti con i dati. Le ricerche di Erica Chenoweth, docente ad Harvard, sono chiare: analizzando 628 casi dal 1900 al 2019 ha evidenziato che la resistenza civile nonviolenta ha un tasso di successo del 59% , contro il 27% di quella violenta.
Come mostra la Flotilla, la nonviolenza non è la scelta dei deboli, ma dei forti che hanno il coraggio di lottare per un mondo migliore, senza perdere la propria umanità.