l'analisi

Tra le incertezze quando c’è vento fatti canna

Rosario A. Polizzi

È un vecchio proverbio siciliano, di origine araba, che invita alla flessibilità nei momenti di turbolenza. Una massima antica che oggi risuona con una sorprendente attualità

«Quando c’è vento, fatti canna». È un vecchio proverbio siciliano, di origine araba, che invita alla flessibilità nei momenti di turbolenza. Una massima antica che oggi risuona con una sorprendente attualità. In un mondo dove ogni certezza sembra crollare, l’immagine della canna che si piega senza spezzarsi diventa simbolo di sopravvivenza politica, economica e culturale. Il vento non si può fermare, ma possiamo imparare a orientare le vele.

La scena globale è dominata dall’incertezza. La geopolitica è in fibrillazione: alleanze che si sgretolano, nuove convergenze che nascono per interessi momentanei, economie sempre più orientate al «fai da te».

Sembra che stia prendendo forma e appare all’orizzonte la nuova Torre di Babele: ognuno parla la propria lingua, spesso ignorando il contesto, ma chi come e quando orienterà un mondo ormai completamente modificato? In questo scenario, manca una diagnosi il tutto appare come una sorta di marasma organico. E manca, ovviamente, una linea di indirizzo per dare una immagine sintetica il quadro è quello che si delinea quando difronte ad una pletora di esami diagnostici poi manca una vera linea di terapia e mentre i medici discutono il paziente muore.

Effetto finale assenza di certezze. C’è bisogno di una guida, di una visione, di un gruppo di esperti in grado di analizzare il presente e tracciare direzione per il futuro . Il quadro politico, anche quella internazionale, appare disorientato. Tra scosse principali e sciami sismici lenti a spegnersi, il rischio è che a dettare l’agenda siano solo i più veloci a parlare non necessariamente i più lucidi.

Il proverbio insegna a non resistere al vento, ma a piegarsi con intelligenza. La sfida oggi è capire anche dove soffia questo vento e – soprattutto – dove ci porterà. In gioco non c’è solo la stabilità geopolitica, ma il modo in cui interpretiamo e reagiamo ai cambiamenti profondi che attraversano il nostro tempo.

Evitiamo però che poi accade che chi si sveglia prima al mattino parla aggiungendo concetti a volte non molto coerenti con gli eventi che scorrono. Mentre tutt’attorno ogni cosa si muove e cambia in maniera ultra veloce non dimentichiamo che il nostro spicchio di mondo deve andare avanti con le sue scadenze sociali umane e politiche. Ma il vuoto di oggi sarà il fallimento di domani. Il laboratorio politico pugliese, che un tempo era un esempio, oggi rischia di diventare una caricatura di sé stesso, impantanato tra calcoli e rinvii. Bisogna ricordare a noi stessi che nulla può essere dato per scontato non riduciamo lo scorrere della nostra realtà alla visione di un film in bianco e nero di cui si aspetta solo che in sala si accendano le luci. Se non arriveranno scelte concrete e visioni coraggiose, a decidere non sarà più la politica: sarà la rassegnazione, sarà l’astensionismo, sarà l’indifferenza. E allora sì, il nostro Godot non arriverà mai – e non avremo più nemmeno la forza di aspettarlo -. Messaggio a chi di competenza! Per così dire: meditate gente meditate!

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