L'analisi

La specie umana come unico antidoto all’uso delle bombe

Rosario A. Polizzi e Camilla Sodano

La tecnologia è diventata sempre più protagonista nell’azione bellica, spesso a scapito della coscienza e della ridotta, necessità bellica, della sensibilità umana

Se ci fermiamo ad analizzare con maggiore attenzione il quadro complesso delle guerre che ancora oggi infiammano diverse parti del mondo, appare evidente un dato inquietante: la tecnologia è diventata sempre più protagonista nell’azione bellica, spesso a scapito della coscienza e della ridotta, necessità bellica, della sensibilità umana.

Come da più parti ricordato ormai non si usa più la frase storica «la dichiarazione di guerra è stata consegnata»... alle varie ambasciate. Tutto inizia con un click e diventa subito tragico spettacolo di drammatica realtà. Droni, armi intelligenti, sistemi di sorveglianza automatizzati: tutto questo mostra come, progressivamente, l’anima e lo spirito dell’uomo tendano a retrocedere di fronte alla freddezza dell’efficienza tecnologica. Più la guerra si fa «intelligente», meno sembra lasciare spazio alla «riflessione etica» e alla voce interiore che dovrebbe guidare le azioni dell’umanità.

Eppure, paradossalmente, proprio questo scenario di frammentazione e conflitto mette in risalto un’immagine diversa e più potente: quella di compattare la «specie umana» che, nonostante tutto, resta unita per la presa di coscienza della sua vulnerabilità e delle sue paure. Quindi da una parte le bombe ad alto potere distruttivo dall’altra tutti noi. E allora se solo sapessimo ascoltarci, potremmo trovare la forza di affermare la vita sulla distruzione.

Forse è arrivato il momento di dare più spazio a questa realtà. Forse i «tecnici del pensiero umano» — filosofi, scienziati, educatori, innovatori — dovrebbero farsi carico di portare questa consapevolezza al centro del dibattito pubblico. Immaginiamo cosa potrebbe accadere se, accanto agli algoritmi di guerra, mettessimo algoritmi di pace, capaci di aiutare a costruire tavoli di dialogo, ponti di comprensione, reti di collaborazione tra popoli.

Potrà vincere la specie umana? La risposta non può venire solo dai calcoli o dalle strategie di potenza. Deve nascere da una nuova alleanza tra mente e spirito, tra tecnica e coscienza.

Solo così potremo trasformare la nostra complessità in un punto di forza, e la nostra intelligenza — umana e artificiale — in uno strumento di salvezza, e non di distruzione. Cominciamo a scrivere i punti di non ritorno per confermarne la sopravvivenza e confermandone le premesse. Ciascuno nel proprio ambito diventi attore non sono ammessi spettatori. Il dialogo acquisisca maggior forza di : responsabilità, ascolto, dialogo e coraggio per concludere in una apoteosi di famiglia umana. È tempo di riflessioni urgenti!

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