il commento
Quella sinistra senza coraggio che dimentica i veri poveri e regala la presidenza Usa a Donald
Quello che caratterizza i grandi politici di ogni tempo è il coraggio delle scelte difficili. Oggi le leadership della sinistra devono mostrare il loro coraggio
Perché un oligarca golpista vince nella più grande democrazia del mondo? Un’analista cinese ,Shen Yi, a questo proposito ha ricordato una massima di Engels riguardo a Marx: «Marx ha scoperto la legge di sviluppo dell umanità. La gente deve prima mangiare, bere, vivere e vestirsi. Solo poi dedicarsi ad altre attività. Niente supera il fondamento economico».
Secoli dopo dall’altra parte del mondo rispetto alla Cina, il senatore Bernie Sanders ha così commentato l’esito elettorale: «Non dovrebbe sorprenderci che il Partito democratico che ha abbandonato la classe operaia scopra che la classe operaia lo ha abbandonato. Oggi i molto ricchi vanno molto bene, il 60% degli americani no». Così continua: «I salari americani sono più bassi di quelli di 50 anni fa».
In uno dei suoi saggi più recenti Stefano Fassina , con la sua solida esperienza al Fondo monetario internazionale, cita gli studi dell’ economista Peter Temin secondo cui …«gli americani si dividono in due categorie , l’80 % con il basso salario , il 20 % nella classe dei ricchi» (v. The Vanishin Middle Class: prejudice and power in a dual economy).
Eppure la Presidenza Biden ha varato importanti politiche keynesiane. Il Chips act su tecnologia e cultura, l’Inflaction art, l’American Rescue Plan post Covid, l’Infrastructure Act. E a queste politiche si devono aggiungere le diverse regolazioni a tutela del lavoro e dell’ambiente. Insomma 4.000 miliardi di dollari di investimenti in un decennio.
E allora perchè ancora Trump? Molti commentatori mettono l’accento sul dato inconfutabile del declino di Biden e sulla inadeguatezza della Harris . In generale sulla perdita di credibilità della classe dirigente democratica, tranne i casi isolati dello stesso Sanders, di Elisabeth Warren , di Alexandra Ocasio- Cortes. A questo deficit si deve aggiungere che gli effetti delle politiche keynesiane hanno bisogno di tempi medio lunghi per manifestare concreti risultati sulla condizione materiale di working class e classe media. E in questo vuoto temporale si è allungata la controffensiva di Trump. La promessa di protezione sociale dagli effetti della globalizzazione con la politica di dazi alla importazione (colpirà il Made in Italy, Parmigiano e Ferrari in primis), la deportazione degli immigrati che generano concorrenza nel mercato del lavoro e insicurezza sociale. La suggestione del disimpegno militare nel mondo. Questo complesso di fattori ha preso la forma dell’ideologia dell’uomo Forte che soppianta i corpi intermedi e tutto risolve, mascherando col suo carisma il rilancio della centralità del mercato senza regola, il dominio del finanzcapitalismo (come lo definiscono gli economisti) e della potenza planetaria delle Tech Giants, alla Musk appunto. Ma la domanda è: la democrazia liberale è in crisi a causa di questa controffensiva o per ragioni interne ad essa? Lo spiega, fra gli altri , Carlo Galli nel suo «Democrazia , Ultimo Atto?».
La egemonia neoliberista, afferma il Nostro, è stata possibile perchè la sinistra ha accettato ovunque in Occidente la rottura dell’equilibrio fra libertà del mercato e uguaglianza dei cittadini promossa dallo Stato. Per aderire con la Terza Via da Clinton a Blair, a Schroder, all’Ulivismo italiano (Prodi, D’Alema, Veltroni) alla teoria che l’accumulo gigantesco della ricchezza delle oligarchie finanziarie si sarebbe in parte riversato (trikle down) in automatico sui più poveri. La realtà ha ribaltato la teoria e sconfessato i suoi artefici. Da qui deve ripartire il pensiero della sinistra. Comprendere che siamo entrati in una nuova era della storia. A cominciare dal rifiuto della economia di guerra per riattualizare lo Stato sociale . La guerra in Ucraina è il primo banco di prova. Non vale dire che Trump (o il folklore del suo emulo Salvini) vogliono favorire l’aggressore , magari per sottrarre Putin all’influenza della Cina. Vale che il conflitto dura e durerà perchè la vittoria totale su Putin è illusoria, a meno di non metter in conto l’escalation nucleare. Vale che ampi settori di opinione pubblica , laica e cattolica vogliono un compromesso fra i contendenti. Quindi in una parola: non più invio di armi alla Ucraina e negoziato ora. E questo chiama ancora una volta il ruolo della Unione europea.
Trump agirà all’insegna di America First, ben sapendo che non ha più il dominio totale sul mondo. E che comunque dovrà misurarsi con altre potenze mondiali come Cina, India e altri Paesi Brics. Egli è sostanzialmente disinteressato al peso e al ruolo dell’Europa. Sostituirà la politica euro-atlantica con negoziati e accordi bilaterali con singoli Paesi europei, sulla base di rapporti di forza infinitamente disegualli (a cui non rimedierà l’accondiscendenza di Meloni e Tajiani). Da qui alla disintegrazione della Ue il passo è breve. L’unica strada è un blocco di Paesi europei che si rendono soggetti della nuova fase storica. Rimanendo alleati con gli Usa, ma rilanciando il ruolo di ponte con Asia e Paesi emergenti. Per un mondo multipolare. Mattarella in questi giorni parlando con il Presidente cinese Xi Jinping ha affermato: «Siamo in un periodo di grandi cambiamenti intensi e veloci, di grandi sfide per l’umanità. Questo richiederebbe concordia per un esame comune e convergente dei problemi». Qui è la ispirazione di un pensiero nuovo di convivenza competitiva nel mondo. Cade la barriera ideologica democrazia /autocrazia che ha giustificato la guerra in Ucraina, e cade anche perchè proprio dove la democrazia è nata, a detta degli stessi liberali, è divenuta semi oligarchica, illiberale. Mentre la democrazia dell’Occidente europeo può rinnovare l’equilibrio che l’ha resa attrattiva fra liberta e uguaglianza.
In questi giorni nelle sale si proietta «Berlinguer. La grade Ambizione». Se ne discute molto. Certo quella di Berlinguer , come di Moro, è un’altra storia. Irriproducibile. Quello che invece caratterizza i grandi politici di ogni tempo è il coraggio delle scelte difficili. Oggi le leadership della sinistra devono mostrare il loro coraggio.