La riflessione

L’attentato a Trump? E' figlio della crisi della democrazia Usa

Biagio Marzo

Nel giro di uno sparo l’attenzione internazionale si è spostata da Joe Biden a Donald Trump.

Nel giro di uno sparo l’attenzione internazionale si è spostata da Joe Biden a Donald Trump. Silenzio assoluto sulle dimissioni o meno di Biden e tutto il mondo a commentare e solidarizzare per lo scampato pericolo di Trump. Un proiettile ha sfiorato l’orecchio dell’ex presidente e per miracolo si è salvato. L’attentatore un giovane, strano a dirsi repubblicano, di 20 anni è stato ucciso e un morto e due feriti tra il pubblico. Odio chiama odio, violenza chiama violenza e sangue chiama sangue. Un clima elettorale così infuocato non si era mai visto sia dalla parte democratica alle prese della richiesta di dimissioni di Joe Baden, convinto del suo buono stato di salute e di farcela su Trump, sia dall’altra parte repubblicana il cui candidato Trump incendiario nei confronti del suo concorrente e sentendosi perseguitato dalla magistratura e da alcuni organi di informazione, chiede vendetta.

Ignorando tutte le sue inchieste e suoi processi di tutti i tipi: da quelli sessuali a quelli di incitamento all’assalto al Campidoglio, al trafugamento di documenti top secret portati alla sua villa di Mar - a- Lago, situata a Palm Beach, in Florida, alla frode fiscale per la sua attività imprenditoriale. E non sono mancare le minacce di morte ai procuratori e ai giudici dei suoi processi. E poi, ha auspicato l’impiccagione al Capo di Stato maggiore delle forze armate che si era opposto all’invio di truppe per reprimere manifestazioni di protesta. Nei suoi comizi c’è di tutto e di più. Basta e avanza, per definirlo che non è, eufemisticamente, uno stinco di santo. Ne ha fatte più di Carlo in Francia.

Gli Stati Uniti vivono la campagna elettorale più rischiosa della loro storia secolare, il cui riverbero incide, negativamente, sull’Europa.

I repubblicani dovrebbero non presentare come candidato alla Casa Bianca Donald Trump, cosa impensabile dopo l’attentato di Butler in Pennsylvania e, nello stesso tempo, i democratici dovrebbero far fare un passo indietro a Biden. Proprio, adesso, dopo l’attentato di Butler, alla loro Convention, i democratici, con tutte le loro forze, devono convincere Biden a non candidarsi , per evitare la crisi irreversibile della civiltà Occidentale, minacciata dal populismo e sovranismo.

Cosa facile a dirsi è difficile a farsi. Sarebbe un fatto positivo per l’Occidente, in specie, per l’Europa che si trova con due conflitti, diciamo dentro casa: quello dell’invasione della Russia all’Ucraina e quello in Medio Oriente: Israele contro Hamas, la cui invasione terroristica del 7 ottobre ha scatenato l’attacco contro Gaza. Al momento, l’Europa non sta in grande spolvero: dopo le elezioni in Francia in cui Macron dovrà sudare le fatidiche sette camicie per comporre una maggioranza di governo; l’Ue si appresta a eleggere la presidente e rischia Ursula Von der Leyen di essere bocciata per mano dei franchi tiratori; il sorgere di un gruppo di Stati e di partiti di conio putiniano guidato da Orban in cui è presente Matteo Salvini , il cui sport preferito è quello di giocare contro la presidente Meloni. Vladimir Putin fa di tutto per destabilizzare l’Europa . La Germania di Scholz vivacchia non riuscendo ad uscire dalla spirale di crisi. Per fortuna, il Regno Unito, con la vittoria del Labour Party , ha eletto a premier Keir Starmer.

Il rischio che si corre è che l’elezione di Trump comporti una politica isolazionista verso l’Europa, lasciata sola a confrontarsi con la Russia, viceversa gli Usa si spostano nel Pacifico per sfidare la Cina,il cui presidente Xi Jinping ha puntato gli occhi su Twain.

L’attentato è figlio della crisi della democrazia americana che ebbe il punto più profondo, con l’assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill. I seguaci di Trump non accettarono la vittoria di Biden e in quel famigerato giorno svolta la storia della democrazia degli Stati Uniti d’America. Dalla proclamazione dell’Indipendenza nel 1776, mai degli assalitori avevano devastato il «Tempio della democrazia» americana, il palazzo del Congresso, in cui i parlamentari erano riuniti per certificare l’elezione del neo presidente contestata dai militanti repubblicani trumpiani. Al contrario, i senatori repubblicani avevano promosso una risoluzione per manifestare l’opinione contraria alla volontà espressa dai Grandi elettori, - un fatto più unico che raro mai successo prima - portando come tesi che nell’atto del voto ci fossero stati brogli nelle presidenziali.

L’assalto del 6 gennaio è stato ascritto come un fatto inedito, pertanto, storico che sia mai avvenuto alla più importante democrazia del mondo.

Non è stata né prima né l’ultima volta, negli Usa, che le elezioni presidenziali vengano contestate. G.W. Bush dovette ricorrere alla Corte suprema la cui decisione finale fu di attribuirgli i voti della Florida, per essere eletto alla Casa Bianca. Per il complesso sistema elettorale è abbastanza frequente il rischio di contestazione del voto. Tutto è stato ricondotto nel «sacro rispetto delle regole del gioco democratico». A ben vedere, proprio il 6 gennaio fu calpestata la «sacralità» della democrazia a stelle e strisce.

A memoria, ricordiamo che su 46 presidente Usa, 4 sono stati assassinati, prima dell’attentato a Donald Trump. Quello che scosse più gli Usa, 22 ottobre 1963, fu l’assassinio di John Kennedy, a Dallas, in Texas. Cinque anni dopo, 1968, fu ucciso il fratello Robert Kennedy nel mezzo di una trionfale campagna presidenziale. Non dimentichiamo l’uccisione del politico e pastore protestante, Martin Luther King, pioniere della lotta per i diritti civili per gli afroamericani.

Il fatto più inquietante di questo attentato che i seguaci di Trump accusano i democratici che vogliono la «guerra civile», spinti su questa strada dall’ex presidente nel momento in cui si stava accasciando per il dolore, alzando il pugno gridava: «Fight, Fight, Fight», «Lottare, Lottare, Lottare», non tradendo la sua verve aggressiva, ironica e di combattente. Joe Biden è avvisato.

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