L'analisi
Trattenere i neo-diplomati: Regione e università ora affrontino la sfida
La tendenza al rialzo va tuttavia considerata alla luce di due fenomeni che possono influenzare l’andamento delle iscrizioni universitarie: la mobilità degli studenti universitari e, più in generale, la situazione demografica
Della buona notizia dell’aumento del 5% delle immatricolazioni nell’anno accademico 2023/24 nelle quattro università statali pugliesi abbiamo riferito sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» del 27 marzo scorso. La tendenza al rialzo va tuttavia considerata alla luce di due fenomeni che possono influenzare l’andamento delle iscrizioni universitarie: la mobilità degli studenti universitari e, più in generale, la situazione demografica.
La mobilità dei diplomati meridionali verso gli atenei dell’Italia centrale e settentrionale è un dato strutturale di lunghissimo periodo che, come mostrano i dati dell’Agenzia Nazionale di Valutazione della Ricerca Universitaria (Anvur) ha probabilmente toccato il suo picco storico nell’anno 2016/17 quando circa un quarto degli studenti del Sud e delle isole si sono immatricolati in una università del Centro-Nord.
La Puglia presenta, tra le regioni meridionali, tassi di mobilità in uscita di diplomati consistenti, nello scorso decennio sempre superiori ad un terzo: in pratica un neo-universitario pugliese su tre ha scelto di studiare fuori regione. Solo la Basilicata e il Molise, e in parte l’Abruzzo, presentavano percentuali di neo-diplomati che diventavano «fuori sede» superiori a quelle della Puglia. Mentre per le prime due regioni la causa è probabilmente da ricercarsi nella mancanza di un’offerta universitaria regionale completa, per alcune aree dell’Abruzzo va considerata la relativa comodità (ed economicità) dei trasporti verso le sedi prestigiose di Roma e Bologna. Questo può valere anche per la mobilità degli studenti pugliesi, che negli anni Duemila hanno visto moltiplicarsi le tratte aeree servite da compagnie low cost, che consentono trasferimenti a prezzi contenuti verso le principali città universitarie del Paese.
Dove vanno a studiare i neo-diplomati pugliesi che studiano lontano dalla famiglia? Le prime destinazioni sono l’Emilia-Romagna (circa 1500 immatricolazioni all’anno), quindi la Lombardia (circa 1300) e il Lazio (circa 1200).
A fronte di un 35% di neo-diplomati pugliesi che nel decennio scorso uscivano dal sistema formativo regionale, la percentuale degli studenti in ingresso è rimasta ferma, in Puglia, al 5%, mostrando una capacità attrattiva eguale a quella della Sicilia, e superiore solo a quella di Calabria e Basilicata, che sono in assoluto le Regioni che attraggono meno studenti universitari in Italia. Proprio da quest’ultima, vicina, regione proviene infatti la gran parte degli iscritti «fuori sede» in Puglia.
La somma di queste due direttrici, in uscita e in entrata, presenta dunque un dato fortemente negativo. Nel 2021/22, dunque ancora durante la pandemia di Covid, gli immatricolati residenti che hanno lasciato la regione sono stati ben 7174 contro solo 983 «immigrati» per un passivo di oltre 6 mila persone che studiano, e consumano, e molto spesso creano le condizioni per un futuro lavoro, al Centro e al Nord. Tra le regioni del Sud e delle isole, la Puglia è quella che presenta il numero di neo-immatricolati persi maggiore: riflesso forse di condizioni di reddito migliori di quelle di altre parti del meridione, che consentono a numerose famiglie di sostenere i figli «fuori sede».
Il discorso andrebbe forse completato con un’analisi dei flussi di studenti stranieri in entrata e uscita. Per i secondi i dati sostanzialmente mancano: per i primi qualcosa si può dire. Nel 2022/23 gli stranieri immatricolati nelle quattro università pugliesi sono stati l’1,5% dei neo iscritti, una percentuale certamente contenuta rispetto a quella delle regioni centro-settentrionali, ma che esprime una certa vitalità: dieci anni fa gli immatricolati stranieri nelle università pugliesi erano solo l’0,5% dei nuovi studenti.
In conclusione, la mobilità dei neo-diplomati pugliesi è senza dubbio un aspetto sul quale è possibile intervenire per «recuperare» studenti al sistema universitario pugliese, con buoni margini di successo. Gioca a favore di un riequilibrio dei saldi di mobilità la crescita costante dei costi di mantenimento degli studenti fuori sede nelle grandi città universitaria, compresa la Roma che si avvia al Giubileo del 2025, e che si sono impennati dopo il biennio pandemico e la ripresa del turismo.
A questa situazione potenzialmente positiva si deve però fare fronte con politiche attive: qualificazione crescente della didattica, aggiornamento continuo dei corsi di studio per evitare il disallineamento con il mondo del lavoro, attenzione alla questione dei costi di alloggio e trasporto per gli studenti. Regione Puglia e università assieme possono fare molte cose, comprese azioni di comunicazione per far sapere che, spesso, far studiare una figlia o un figlio al Centro-Nord è un gioco che non vale la candela. La strategia «Mare a sinistra» messa in campo dalla regione, che va nella direzione di far ritornare i talenti pugliesi che sono andati fuori, può essere utile a creare le condizioni perché non se ne vadano.
Della seconda questione che ci eravamo proposti di esaminare, la relazione tra dinamica demografica e popolazione studentesca universitaria, bisognerà ritornare con maggiore calma.