Il commento

Puglia, allarmi bomba: la società del rischio non finisce mai...

Enzo Verrengia

Gli episodi, cause e nel contempo parti dell’elevato livello di prevenzione della minaccia, deve far riflettere sul mutamento radicale adottato dai seminatori di morte e di panico

Si allargano le indagini per terrorismo dopo il nuovo allarme bomba all’istituto scolastico «Vittorio Emanuele», di Andria, malgrado non si sia trovato alcun ordigno, bensì un bigliettino ironico con grafia infantile che si conclude con la frase: «Siete degli insetti». Uno scherzo? È di tre giorni fa un’analoga segnalazione negli scali ferroviari di Trani, Barletta e Bari Palese, che ha interrotto il traffico sulla linea adriatica fino a Pescara, proprio a ridosso delle vacanze pasquali, quando è più intenso il traffico dei passeggeri.

Gli episodi, cause e nel contempo parti dell’elevato livello di prevenzione della minaccia, deve far riflettere sul mutamento radicale adottato dai seminatori di morte e di panico. Il pericolo di attentati toglie anche alla provincia la presunzione di sicurezza già abbondantemente erosa dalla criminalità autoctona. Dopo l’11 settembre 2001 e dopo la strage di Mosca, prevaleva ancora una percezione dell’imprevisto letale a grandi distanze, in ampi spazi metropolitani e contesti geopolitici di portata globale. Invece l’insidia del colpo inatteso che devasta la quotidianità si insinua fatalmente anche alla periferia dell’impero. È un nuovo fattore di quella che il sociologo svizzero Ulrich Beck definì fin dagli anni Ottanta la società del rischio, utilizzando l’espressione come titolo del suo saggio epocale. In periodi più recenti, scriveva Sergio Romano in Anatomia del terrore: «La vita, soprattutto nelle città, è fondata sulla reciproca fiducia. Sappiamo che la violenza è nell’uomo e può esplodere in qualsiasi momento, ma crediamo all’esistenza di una tregua, tacitamente stipulata per il bene comune, che tutti avrebbero interesse a rispettare». I terroristi ignorano l’habeas corpus. Afferma Romano: «Loro sono in guerra ventiquattro ore al giorno, ogni giorno dell’anno».

Si arriva dunque al terrorismo capillare, che germoglia anche lontano dalle metropoli post-moderne.

Si prendano i casi di Bari. Ben 11 anni fa viene arrestato il tunisino Ben Hassen, allora quarantacinquenne, a capo di una cellula che includeva nomi di spicco del fondamentalismo internazionale: Essid Sami Ben Khemais, Ben Yahia Mouldi Ber Rachid e Ben Alì Mohamed. Le parole del gip Mario Scamarcio denotavano il quadro investigativo: «Emergono chiari elementi che attestano l’intendimento e l’aspirazione degli indagati a raggiungere i territori della Jihad, mentre non sono emersi programmi di attentati da realizzare in Italia, se non riferimenti a obiettivi “graditi”, quando non addirittura agognati dagli indagati. Si prenda una chiesa di Andria, il cui parroco viene indicato come la vittima designata di un’aggressione da parte degli indagati».

E dire che l’inchiesta era partita nel 2009 da un’intercettazione del Ros a L’Aquila, nell’immediatezza del sisma, fonte di deprecabile esaltazione da parte di chi parlava al telefono: «… tante chiese sono state distrutte… Sì, tutte le chiese sono crollate…».

Sempre nel capoluogo abruzzese, infatti, l’11 marzo scorso viene emessa un’ordinanza di custodia cautelare a carico di tre palestinesi, fra cui Anan Kamal Afif Yaeesh, del Gruppo di Risposta Rapida Brigate Tulkarem, articolazione delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa. È una chiara diramazione peninsulare del conflitto in corso al Gaza.

Sul versante opposto, di nuovo a Bari, il 2022 vede l’arresto di un giovane aderente ai gruppi suprematisti americani. Gli si trovano armamenti simili a quelli impiegati negli Stati Uniti dal diciottenne Payton Gendron, autore dell’attentato del maggio di quello stesso anno, in cui ha assassinato dieci persone, ferendone tre sparando nel centro cittadino a Buffalo.

All’emergenza di matrice ideologico-religiosa si aggiunge quella persino più incontrollabile della patologia di comportamento di singoli individui. Si ricordi la tragedia di Brindisi, dove il 19 maggio 2012 esplosero tre bombe di GPL nei pressi della scuola «Francesca Laura Morvillo-Falcone» di Brindisi, provocando la morte della sedicenne Melissa Bassi, di Mesagne. Per l’atto fu arrestato Giovanni Vantaggiato.

Il mondo interconnesso non ammette più l’estraneità alla storia in diretta, che attraverso il flusso del digitale moltiplica e diffonde ad ogni latitudine la violenza, la guerra, l’odio, il sangue.

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