Il caso
La legge onnipotente degli umani tra vendetta e soldi
Alla fine l’hanno presa. Hanno messo della frutta in un tubo e l’hanno sistemato vicino ad un torrente, lei e i suoi tre cuccioli di poco meno di due anni e in fase di svezzamento, si sono avvicinati ed è stata presa, narcotizzata e trasferita in un lager
Alla fine l’hanno presa. Hanno messo della frutta in un tubo e l’hanno sistemato vicino ad un torrente, lei e i suoi tre cuccioli di poco meno di due anni e in fase di svezzamento, si sono avvicinati ed è stata presa, narcotizzata e trasferita in un lager. La vendetta è servita.
La ricercata in attesa di giudizio, anzi con il giudizio sospeso, che rischia fino alla pena capitale, forse aveva capito e prima di arrendersi ha distrutto le fototrappole. Pare sia stata rallentata nella fuga dalla necessità di assicurarla ai cuccioli che sono pure loro finiti nella trappola ma sono stati poi liberati. Un blitz quasi da antimafia, che ha fatto esultare Maurizio Fugatti, il presidente della Provincia autonoma di Trento, un vicerè che se potesse impallinerebbe anche lombrichi e girini. Il leghista che organizzò una festa del carroccio a base di carne di orso.
La vita dell’orsa GeiGei, dopo che ha ucciso - probabilmente spinta dall’istinto di difesa dei cuccioli - il runner Andrea Papi, 26 anni, nei boschi della Val di Sole, è legata ad una sentenza del Tar. Sospesa l’ordinanza di abbattimento, ora il Tribunale amministrativo dovrà esprimersi nel merito. Nel caso in cui desse via libera, le sarà somministrata una sostanza letale. Come negli Stati Uniti per le esecuzioni dei condannati a morte, mentre le uniche parole con un senso finora sono state quelle di Franca, la mamma di Andrea: «Come madre non posso accettare una morte così orribile. Voglio chiarire una cosa: la colpa non è di mio figlio e neanche dell’orso. La colpa va ricercata nella cattiva gestione fatta da chi ha diretto, nel tempo, il progetto Life Ursus, che ormai è sfuggito di mano. L’abbattimento dell’orso non mi ridarà Andrea».
«C’è qualcosa di nobile in questa grossa bestia, qualcosa che fa pensare ad un barlume di sentimento umano, sparare ad un orso è come sparare ad un fratello», diceva Ernest Hemingway. Eppure gli animali ci stanno bene solo se obbediscono alla regola d’oro di essere mansueti e sottoposti, in un pianeta che è un parco giochi. E un’orsa viene condannata a morte perché ha la colpa di essere un’orsa che fa l’orsa, e non un peluche. Per di più nel civilissimo Trentino.
La natura, appena noi facciamo un passo indietro ne fa due in avanti. Il bosco avanza - per fortuna - perché i giovani scendono dalle montagne per la più comoda vita di città, lasciandosi alle spalle luoghi meravigliosi ma misteriosi e tenebrosi. È come nel mare, tra barriere coralline e squali, acque delle Maldive e meduse. Nei boschi e negli oceani lo sguardo si ferma a pochi metri e l’ignoto fa paura. Eppure l’uomo, forte della propria seppur fragile supremazia vuole vedere, scoprire, riappropriarsi. E vuol farlo in comodità, da onnipotente. Ma la natura è un conflitto tra vita e morte, si mangia o si è mangiati, ci si deve difendere per campare.
Qualcuno dovrebbe spiegare al presidente Fugatti che non c’è una campagna elettorale tra il partito degli orsi e quello contro gli orsi e che quando parla di JJ4 parla di un essere vivente e non di un oggetto. E del resto o stai sul divano o vai in montagna e accetti i rischi, compreso l’incontro con gli animali. Quindi non si può uccidere l’animale che uccide.
A maggior ragione perché probabilmente l’orso su quelle montagne soffocate da piste, funivie, traffico, turisti in ciabatte, non ci voleva neanche stare. Ce l’hanno riportato con la forza, a suon di milioni di euro. Hanno portato stambecchi che hanno cacciato più giù i camosci, e hanno popolato valli con marmotte e mufloni ed è arrivato il lupo risalendo lo stivale per partecipare al ricco banchetto. Perché in natura o si mangia o si è mangiati. Senza calcolo, senza preoccuparsi del calo del turismo, senza la legge dell’uomo che se l’orso uccide deve essere ucciso. Il problema è la cultura del territorio e il Trentino si sta mostrando terra di improvvisatori. Qui l’unica certezza è che il progetto di reintroduzione dei plantigradi è stato un totale fallimento: zero progetti di informazione e responsabilizzazione delle persone. Orsi e cittadini sono stati lasciati allo sbaraglio.
Mentre una lezione alle ricche Dolomiti, questa volta arriva dal povero, bistrattato, ma forse anche più affascinante Appennino. Dal Parco nazionale d’Abruzzo, dove con i marsicani (una sottospecie dell’orso bruno europeo, ndr) si convive da decenni lottando non con la doppietta, ma per creare i presupposti di una convivenza che a conti fatti conviene a tutti.