L'analisi

«Nuovo» decreto Ong, ma i naufraghi sono nostri fratelli

Nicola Costantino

La gestazione del nuovo decreto sicurezza, in vigore da ieri, sembra essere stata piuttosto difficoltosa, in quanto rivela la difficoltà di recuperare le intenzioni punitive degli originali «decreti sicurezza» voluti dal ministro Salvini nel primo governo Conte

I naufraghi salvati dalle navi delle ONG costituiscono circa il 10% degli arrivi di immigrati irregolari registrati nei porti italiani. Mettendo in conto una stima prudenziale di quelli che sbarcano sulle nostre coste senza essere rilevati ed assistiti, e di quanti giungono in Italia per altre vie, come la cosiddetta rotta balcanica, la quota sul totale dell’immigrazione non autorizzata scende a pochi punti percentuali (4%? 5%?). Eppure l’azione del governo Meloni «a difesa dei confini nazionali» (dizione che equipara donne e bambini disperati che fuggono dalla guerra, dalla tortura, dalla fame a forze armate di un paese ostile) sembra, al momento, concentrarsi quasi esclusivamente sull’operato delle navi delle organizzazioni non governative che soccorrono le imbarcazioni in difficoltà.

La gestazione del nuovo decreto sicurezza, in vigore da ieri, sembra essere stata piuttosto difficoltosa, in quanto rivela la difficoltà di recuperare le intenzioni punitive degli originali «decreti sicurezza» voluti dal ministro Salvini nel primo governo Conte (con l’imbarazzante complicità del Movimento Cinque Stelle dell’epoca, collocato su posizioni politiche molto diverse dalle attuali), senza tornare a scontrarsi con le sonore sconfitte inflittegli nelle aule dei tribunali, a causa delle plateali illegittimità normative e, ancor più, attuative: fortunatamente «c’è un giudice a Berlino», ma anche a Ragusa, Agrigento, Catania. Nasce così un decreto che vuole essere, nella sostanza, un «Salvini bis: la vendetta».

Facendo tesoro di quanto accaduto ai precedenti provvedimenti, il nuovo decreto - non potendo impedire esplicitamente l’attività di salvataggio dei naufraghi - cerca di renderla sempre più difficile. Sarà possibile effettuare solo un salvataggio alla volta, salvo esplicita autorizzazione preventiva da richiedere volta per volta: se durante una burrasca giungono richieste di aiuto da due imbarcazioni vicine, come dovrà regolarsi il comandante della nave?

I naufraghi dovranno essere sbarcati non nel porto più prossimo, ma in quello loro comunicato caso per caso: abbiamo già visto indirizzare una nave a Ravenna (un po’ lontano dal canale di Sicilia!), e la prossima volta saranno probabilmente scelte Trieste o Genova (peccato non poter indicare Rotterdam o Le Havre!). Ciò significa allontanare inutilmente, in ogni occasione e per diversi giorni, le navi umanitarie dalle zone di intervento, lasciandole sguarnite: poco male se perciò annegheranno altri profughi! E, infine, in cauda venenum: l’applicazione delle sanzioni per la mancata osservanza di tali (assurde) norme viene affidata ai prefetti, cioè al governo, e non alla magistratura, scomodamente indipendente, con buona pace dei giudici di Berlino, Ragusa, Agrigento, Catania, che non saranno più coinvolti, almeno in prima istanza.

Non è un caso che anche la Conferenza Episcopale Italiana, normalmente prudente nell’affrontare questioni politiche, abbia preso una posizione nettamente contraria al nuovo provvedimento: «Questo decreto cadrà presto, nel senso che è costruito sul nulla», ha affermato monsignor Gian Carlo Perego, presidente della commissione per le migrazioni, sottolineando: «È paradossale che uno strumento che in questi anni è stato di sicurezza per almeno il 10% delle persone che sono sbarcate nel nostro Paese e in Europa sia considerato uno strumento di insicurezza».

Quando un dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito. La pressione migratoria è certamente un problema di non facile soluzione: il salvataggio di centinai di naufraghi è il dito che indica la disperazione di centinaia di migliaia di nostri fratelli e sorelle. In attesa di «aiutarli a casa loro» (davvero, e non solo a parole) soccorrerli è un dovere morale di tutti, e inventare cavillosi arzigogoli per ostacolare l’opera di chi si impegna volontariamente per portare loro soccorso è un’azione non solo vergognosa, ma anche infantile, nella sua lampante miopia: colpire il dito, per non vedere la luna.

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