IL COMMENTO

Salario minimo, una battaglia senza steccati

Mario Turco

Il vicepresidente dei Cinque Stelle Turco: «Occorre fissare i paletti per una giustizia sociale»

La nostra economia sta attraversando una fase drammatica, forse come mai dalla fine della seconda guerra mondiale. Occorre arginare il caro bollette, il caro carburante, il caro dei prodotti di largo consumo e aiutare i lavoratori precari e a basso reddito a recuperare potere d’acquisto per riuscire a farli arrivare con serenità a fine mese senza dover scegliere se comprare da mangiare oppure pagare le bollette. Il MoVimento 5 Stelle dal 2013 porta avanti una battaglia per l’introduzione di una legge sul salario minimo legale e in passato ha già depositato due disegni di legge al Senato per introdurlo. Il salario minimo del M5S è differente dalla proposta del Pd che mantiene inalterata la condizione economica dei salari in essere. Per il M5S il salario minimo è uno strumento utile per contrastare la povertà attraverso la garanzia di una retribuzione dignitosa proporzionata al lavoro svolto.

Il lavoratore ha diritto ad una giusta retribuzione, che consenta, come recita la Costituzione, un’esistenza libera e dignitosa per sè stessi e le proprie famiglie. Con il salario minimo intendiamo proteggere le categorie più a rischio di emarginazione e sfruttamento, prime fra tutte giovani e donne. Secondo un’indagine dell’Inapp, dedicata al reddito di cittadinanza, circa il 46% dei percettori della misura risultano occupati con impieghi tali da non consentire loro di emergere dal disagio sociale e da costringerli a ricorrere al Rdc per la sussistenza. In Italia, dato inquietante, le retribuzioni sono ferme da 30 anni e i giovani troppo spesso vengono assunti con contratti precari, persino anche di solo qualche giorno. Secondo le stime dell’Inps, nel nostro Paese 4,5 milioni di lavoratori guadagnano meno di 9 euro lordi all’ora; di questi, 2,5 milioni non arrivano a 8 euro. Sempre secondo l’istituto di previdenza, sotto i 9 euro si trova il 38% dei giovani, il 16% degli over 35, il 21% degli uomini e il 26% delle donne. L’Italia resta uno dei sei Stati membri dell’Unione europea a non avere una legge in tal senso e stando recenti dati dell’Ocse, è l’unico Paese in Europa che dal 1990 ha registrato un calo del 2,90% delle retribuzioni a parità di potere d’acquisto mentre, in Germania e Francia, i salari medi sono aumentati rispettivamente del 33,7% e del 31,1%.

L’obiettivo, quindi, da non perdere di vista assolutamente è uno e uno solo: contrastare i salari poveri. Come? Fissando una soglia minima retributiva per legge oltre la quale non scendere, rafforzando la contrattazione collettiva, abbattendo il dumping salariale e contrastando la concorrenza sleale. Il MoVimento 5 Stelle ha a cuore la dignità del lavoro ma senza stipendi adeguati non può esserci dignità né una migliore qualità della vita. Da un lato, la nostra proposta rafforza la contrattazione collettiva “sana”, ponendo un freno al fenomeno dei cosiddetti “contratti pirata” e, dall’altro, fissa una soglia “di dignità”, 9 euro lordi all’ora, sotto cui la retribuzione minima dei contratti collettivi nazionali non può scendere. Per non danneggiare le imprese, proponiamo parallelamente la riduzione del cuneo fiscale, in modo da mantenere inalterato il costo del lavoro.

In gioco c’è il futuro di milioni di lavoratrici e lavoratori ma anche di giovani: secondo il Censis, infatti, di questo passo 5,7 milioni di giovani precari, neet e working poor rischiano di avere nel 2050 pensioni sotto la soglia di povertà. Il salario minimo legale, rappresenta la risposta più concreta che possiamo dare ai lavoratori, l'ancora di salvezza per poter arrivare serenamente alla fine del mese.

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