la storia
La «signora delle erbe» ha svelato il manoscritto, «il libro più misterioso del mondo»
Beinecke 408 è un codice illustrato quattrocentesco, scritto con un sistema di scrittura che non è stato decifrato per 600 anni. E c'è una studiosa barese dietro la scoperta dell’antico erbolario
La signora delle erbe si chiama Eleonora Matarrese, una barese che conosce sette lingue e ha girato il mondo. Dopo 16 anni di ricerca, è la studiosa che per la prima volta al mondo ha svelato i segreti di un libro antico conosciuto come il manoscritto Voynich. Ai non addetti ai lavori, questo nome non dice molto, ma basta sapere che il volume, il cosiddetto Beinecke 408, viene definito «il libro più misterioso del mondo». Cos'è? Un codice illustrato quattrocentesco, scritto con un sistema di scrittura che non è stato decifrato per 600 anni, nonostante ci abbiano provato anche i crittografi di Hitler e tantissimi studiosi. Pagine ingiallite su cui campeggiano strane scritture, disegni di foglie, fiori e lune. Quello che non è stato possibile risolvere a tanti studiosi, l'ha fatto in parte una barese da record, che si è formata sui libri, nelle aule universitarie e tra i campi, anche murgiani, per la sua passione del mondo verde.
Laureata in Lingue e Letterature Straniere, è specializzata in Filologia Germanica. Già docente di inglese e francese, oggi insegna a contratto Fitoalimurgia e Etnobotanica presso il DiSSPA dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e collabora a diversi progetti di ricerca. Ma non solo: la passione per il mondo vegetale l'ha portata ad una serie di esperienze in varie università internazionali e tra le altre cose (è persino cuoca di Alleanza Slow Food) fa parte di Crossing Frontiers Network, una rete di ricercatori e professori che si occupa di studiare i legami tra scienza moderna e studi medievali.
E qui torniamo al manoscritto dei misteri. All'interno, vi sono un erbario, un lunario, un manuale che illustra i benefici termali, una sorta di manuale agronomico che illustra le parti di piante spontanee da utilizzare (radici, foglie, fiori, etc.). L’ultima parte è un ricettario. Il nome di questo librone prezioso viene da Wilfrid Voynich, un mercante di libri rari polacco-lituano e la storia sembra da film o degna di un'atmosfera da Il nome della rosa: pare infatti che lo acquistò dal Collegio Romano dei Gesuiti di Villa Mondragone, a Frascati, nel 1912 e vi trovò una lettera del rettore dell’Università di Praga che chiedeva di decifrarlo. Nessuno ci riuscì e il libro fu infine donato alla biblioteca dell’Università di Yale, da cui il nome con cui è archiviato, appunto Beinecke 408. Alla fine il caso era talmente misterioso che sono pure nate delle fake news attorno a questo volume delle meraviglie. Che fossero formule alchemiche? Astrologiche? O semplicemente un falso?
Ma poi... è arrivata la barese Eleonora Matarrese con i suoi studi. E ha finalmente individuato la lingua e la località in cui è stato scritto il manoscritto Voynich. I particolari sono tecnici, ma possiamo riassumere così: il manoscritto «parla» un dialetto medio tedesco di area carnica, che ancor oggi si cerca di preservare; la località è Timau/Tschilbong in provincia di Udine, in Carnia; l’iconografia pertiene al mondo germanico, con topoi precisi, con influssi slavi per la vicinanza della Slovenia. Il cosiddetto «calendario» non è né giuliano né gregoriano: si tratta di un lunario antico, legato all’osservazione della natura. Sembra uno scarso risultato? Non lo è affatto!
Eleonora Matarrese, da Bari alla Germania, passando per un lungo cammino attraverso vegetali e codici antichi. Come nasce la sua esperienza? E una curiosità: qualche erba o pianta barese dei suoi ricordi? Oggi si parla tanto di piante alimurgiche...
«La mia esperienza nasce dagli studi in Lingue a Bari, dall’amore per le origini della mia terra, normanna e sveva ma ancor prima longobarda, quindi germanica. Le piante, invece, sono la linfa vitale delle nostre nonne: l’essenza della Puglia, la prima regione “europea" dove si è sviluppata l’agricoltura. La pianta barese per me è la barba di becco, con il fiore fucsia: a nord, c’è solo giallo. E ovviamente asfodelo e lampascione…».
La scoperta del codice decifrato: lega lingue, dialetti e scienza... c'è un legame anche con il nostro Mezzogiorno?
«Il legame con il Mezzogiorno è più forte di quel che sembri, ma è ben nascosto. Esiste persino un calendario simile a quello del manoscritto, che analizzerò e descriverò nel mio prossimo libro, che è stato realizzato proprio a Bari, dove esisteva uno scriptorium e la nostra scrittura: il Bari type. E, naturalmente, il legame con il Mezzogiorno è nella cultura legata alla terra e alla sua osservazione, che oggi ancora qualcuno in Puglia conosce poiché l’ha vissuto con nonni e genitori. E sono pressoché infiniti gli stilemi del manoscritto che si ritrovano nei resti germanici della nostra regione, in primis nelle cattedrali normanne».
Gli chef la consultano per novità e utilizzi culinari delle erbe. Quale secondo lei il vegetale migliore e più utile dei nostri tempi?
«Ogni specie vegetale ha una sua ricchezza intrinseca, e se si esagera diventa veleno. Ma mi piace pensare che lo smirnio possa ergersi tra le altre, coniugando freschezza, minerali, vitamine, gusto, e perché utilizzabile tutta la pianta e in mille modi differenti. E, anche, la carruba: ancora troppo sottovalutata, quando abbiamo il nostro cacao selvatico a portata di mano, che in più è anche proteico!».
Lei ha girato il mondo ma insegna anche a Bari, si è mai sentita un cervello in fuga? Come considera questa definizione?
«Contrariamente ad altri il mio legame con la Puglia è sempre stato molto intenso. Certo, oggi rispetto a venti anni fa c’è per fortuna una sensibilità diversa, un’apertura al mondo. Prima si faceva un po’ fatica a guardare altri orizzonti. Se è vero che molti sono stati cervelli in fuga, il mio cervello ha sempre cercato il legame con la mia terra, ed era come se fosse tutto già scritto: le piante, l’archeologia e l’arte, le lingue e i dialetti».