La missione scientifica

Bari, Uniba va alla scoperta dell’Antartide

Barbara Minafra

Il progetto «disgeli»: l’Ateneo ha effettuato per due mesi rilievi geofisici, carotaggi, dati geomorfologici tra il Mare di Ross e la Baia di Terranova. I ricercatori decodificheranno le tracce per ricostruire i tempi di scioglimento delle coperture glaciali in relazione al clima

BARI -In Antartide, dove il progetto «Disgeli» studia gli ultimi 20mila anni di storia del pianeta, l’Università di Bari ha dato prova di eccellenti capacità scientifiche. Due mesi di rilievi geofisici, carotaggi, dati geomorfologici, satellitari e morfobatimetrici tra il Mare di Ross e la Baia di Terranova, e ora una montagna di evidenze da trasformare in «quanta più letteratura scientifica possibile». A dirlo è il professor Giuseppe Antonio Mastronuzzi, geologo e direttore del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali (Distegeo) che coordina una squadra di ricercatori impegnati a decodificare le tracce lasciate dai ghiacciai e che ha organizzato un incontro al campus per raccontare una ricerca che vuole ricostruire i tempi di scioglimento delle coperture glaciali in relazione al riscaldamento del pianeta, sentendo il «dovere morale» di condividere gli importanti risultati di ritorno dal Polo Sud.

La soddisfazione per aver «portato a termine tutti i compiti prefissati, già questo un primo importante esito» e «l’orgoglio di aver fatto parte di una squadra che rappresenta il mondo della ricerca italiana spesso dimenticato e bistrattato» sono evidenti. Con le spalle cariche dell’imponente esperienza legata alla 38° Spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra) che, con la rompighiaccio italiana Laura Bassi, su cui era imbarcato, ha toccato il punto più a sud mai raggiunto da una nave, segnando un record mondiale assoluto, la felicità è palpabile. «Provo principalmente contentezza - ci dice svelando tutta la sua passione scientifica - per aver raggiunto nuovi risultati nel mondo della conoscenza perché questi, a differenza di un record destinato ad essere battuto, non saranno superati ma serviranno da base per altri progressi».

Con lui, l’Ateneo barese ha fisicamente raggiunto il Polo Sud per la prima volta. Numerose crociere oceanografiche tra Mediterraneo e Atlantico in curriculum e più volte visiting scientist in California, Uk e Francia, oltre che delegato in progetti Unesco, l’ordinario di Geografia fisica e Geomorfologia è fiero di «questa grande manifestazione delle capacità logistiche e scientifiche dei ricercatori Uniba, in presenza in Antartide e a distanza con analisi che si svolgeranno nei laboratori del Dipartimento a Bari e del Polo Scientifico distaccato a Taranto, sede del corso di laurea in Scienze Ambientali, che conferma il ruolo delle Scienze della Terra e dei ricercatori del Centro Interdipartimentale di Dinamica Costiera della nostra Università a livello nazionale ed internazionale. Ne esce rafforzata non solo la scuola di Geomorfologia di Uniba, ma ogni settore delle Scienze della Terra».

Qual è il contributo di Uniba e cosa sta emergendo dalle ricerche?

«L’Università di Bari è parte del progetto “Disgeli”, coordinato da Luca Gasperini, del Cnr Ismar - Istituto di Scienze Marine che si propone di integrare i dati sottomarini e quelli della fascia costiera emersa per riconoscere le fasi di deglaciazione e arretramento dei ghiacciai anche in relazione al riscaldamento del pianeta. Uniba contribuisce alla ricostruzione dell’evoluzione morfologica della fascia costiera emersa e all’interpretazione dei rilievi integrati con la realizzazione e l’analisi di microcarotaggi dei depositi marini e glaciali presenti a terra. Servono a definire i tassi di sollevamento dell’Antartide e le variazioni relative del livello del mare in relazione alle fasi di deglaciazione».

In quale punto dell’Antartide ha operato raccogliendo campioni a -46°?

«Le nostre aree di competenza operativa sono Tethys Bay, ove si leggono gli effetti di almeno 5 diverse fasi di sollevamento dell’Antartide, e l’Area Speciale di Protezione Adelie Cove, insenatura raggiungibile in elicottero che ospita una grande colonia di pinguini di Adelia. I dati del progetto, una volta integrati, potranno fornire risposte sulla struttura interna della Terra».

Essere stati in Antartide dimostra nei fatti la qualità del Dipartimento che dirige?

«Il nostro è uno dei soli 8 Dipartimenti italiani di Geologia. Ha una fitta rete di collaborazioni nazionali e internazionali e Disgeli è la classica ciliegina sulla torta, una delle tante che il Dipartimento ha. I continui coinvolgimenti in progetti Prin, i 5 progetti del Pnrr che ci vedono protagonisti, e in particolare quello sul Rischio Ambientale, i progetti europei, le collaborazioni con Ispra per la definizione della Nuova Carta Geologica d’Italia, il Progetto Otrions e altri in collaborazione con Ingv-Dpc, i progetti con Asset, la Regione Puglia, la Protezione Civile, l’Autorità di Bacino Distrettuale per l’Appennino Meridionale, ci proiettano in un contesto di eccellenza che ha solo necessità di essere ufficializzato sotto l’aspetto amministrativo».

Tutte queste attività fanno di Distegeo un presidio delle conoscenze delle scienze geologiche al servizio della società, uno dei soli due presenti in Italia meridionale, fondamentale per un’università generalista che forma i «cervelli» del futuro e imprescindibile per una corretta formazione di chi gestirà il territorio in termini di futuro sostenibile.

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