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«Protocollo Kreisau», i viaggi nel tempo nel romanzo di Nicola D'Alessandro
L'autore immagina cosa sarebbe successo se negli anni della pandemia da Covid-19 avessimo avuto la possibilità di tornare indietro
BARI - Cosa sarebbe successo se negli anni della pandemia di Covid-19 avessimo avuto una macchina del tempo per portarci indietro di qualche mese e somministrare immediatamente i vaccini? Se lo è chiesto Nicola D'Alessandro, colonnello della Guardia di Finanza in congedo, appassionato di storia contemporanea e politica, autore del romanzo «Protocollo Kreisau», uscito per Massaro Editore. Uno spunto letterario inedito e sorprendente, ma non tutto va come sembra: i protagonisti, una virologa e un astrofisico, si ritrovano nel 1940 a combattere contro un altro virus, quello del nazismo. Ed è così che nel libro personaggi di fantasia e nomi realmente esistiti si incontrano, in una sorta di diario del tempo che scandisce a tamburo battente gli eventi, con il titolo ispirato al circolo di dissidenti fondato a Kreisau. È proprio l'autore a raccontare alla «Gazzetta» tutti i retroscena dell'opera.
Analizziamo questo titolo, perché la scelta di «Protocollo Kreisau»?
«Prende il nome dal Castello di Kreisau che si trovava in quella che un tempo era la Prussia, ed era sede di una notissima famiglia: questo giurista tedesco mise su il circolò che aggregò intellettuali di altissimo rango, filosofi, religiosi, rampolli dell'aristocrazia, alti ufficiali, e fu l'unica forma di dissidenza al nazismo in Germania che produsse un'azione violenta. Non si limitò a ciclostilare pensieri, ma produsse quella che viene chiamata Operazione Valchiria. Nello "sliding doors" del cambiamento dei destini ho voluto prendere in esame questo esempio di coraggio di opporsi, non solo per abbattere il regime, ma per creare una Germania nuova, unita, senza guerre. Un concetto modernissimo, ed è proprio il messaggio che ci tengo a trasmettere con il romanzo, l'avere il coraggio di agire, in una realtà oggi molto egoista».
Lei è già autore di diverse pubblicazioni in materia di diritto tributario, come arriva la passione per la materia storica?
«È un amore smodato, e il volume unisce altri miei interessi come la fantascienza e la politica, anche se in maniera più misurata. In carriera mi sono occupato molto di formazione per gli allievi della Guardia di Finanza; l'incipit concreto per questo libro è arrivato però nella pandemia, mentre guardavo un documentario sulle curve temporali chiuse. Mi misi a pensare: se avessimo avuto la possibilità di tornare indietro avremmo gestito diversamente la pandemia, ho cominciato a costruire in testa una sceneggiatura e ho scritto ininterrottamente per 4 mesi e mezzo. C'è una bella differenza tra la stesura di un'opera professionale, dove sguazzi nella tua acqua, e di un romanzo, in cui ti infili in una barchetta a remi e guadagni il mare. Se non hai ben presente la rotta da seguire sei in balia dei marosi».
L'unione di personaggi storici e personaggi fantastici: si percepisce il grande studio dietro l'opera, come se lo è costruito?
«Quando si narra di persone realmente esistite bisogna conoscere le loro storie a menadito. Io mi sono divertito molto nel portare i lettori dalla realtà alla fantasia, partire dal dato concreto e approfondire quello che è nato dalla mia testa. Ci sono effettivamente personaggi storici nel libro a me molto vicini: anche mio nonno è stato Commissario di Pubblica Sicurezza, l'ambasciatore Attolico era di Canneto di Bari, era il mentore di mio nonno e la sua fotografia troneggiava sul comodino di mia madre fin da quando ero bambino. Ho creato dialoghi tra personaggi storici famosissimi, per farlo ho ricostruito tutte le loro vicende: pensi che per rievocare lo stile dell'ambasciata ungherese ho mandato loro una mail - non con poche difficoltà - e mi hanno risposto mostrandomi le fotografie dei giardini e del salone delle feste».
Insomma, un grande approfondimento storico, ma nel libro - di cui non sveliamo il resto della trama che è molto avvincente - c'è anche grande spazio all'ironia
«Dico sempre che dentro di me c'è un 90% di ironia e un 10% di altro. Ci salva la vita. Poi aiuta nelle descrizioni, ho scritto questo libro per immagini, a volte il pensiero correva molto più forte di quanto riuscisse a scrivere la mano. Ho voluto inserire anche dei dati curiosi relativi, ad esempio, ai menu dei pasti dei personaggi, anche lì c'è ricerca».
Ci sarà un sequel?
«In realtà l'ho appena finito di scrivere. Ora che sono in congedo ho tutto il tempo, ci ho impiegato circa sei mesi. È un seguito ma è anche un libro autonomo, che si può leggere senza aver terminato il primo. È impostato diversamente, sono curioso di vedere come verrà accolto».