Il ritratto
L’irresistibile vitalità di Giorgio Otranto, grande studioso e vulcanico organizzatore
Il ricordo di uno dei suoi allievi nel giorno dei funerali dello storico del cristianesimo
Si sono svolti questa mattina alle 10,30, nella basilica di San Nicola, i funerali di Giorgio Otranto, storico italiano del cristianesimo, già ordinario di Storia del cristianesimo e delle chiese nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bari. Gaetano Colantuono, storico e docente, allievo di Otranto, ci ha inviato un suo ricordo dello studioso scomparso giovedì scorso
Per chi ha avuto modo di conoscere Giorgio Otranto (nato a Corigliano Calabro nel 1940) sul piano non solo accademico ma umano, la notizia del suo ritorno alla «Casa del Padre» appare un ossimoro inammissibile: la sua vitalità, la laboriosità, finanche i suoi tratti burberi - che noi associavamo ironicamente alle origini calabresi – sono incompatibili con l’idea che lui non ci sia più. Un episodio di circa 18 anni fa basterà a testimoniare questo aspetto: camminavamo lungo via Sparano facendo la consueta spola fra i suoi due ruoli, docente e in fondo dominus del Dipartimento di Studi Classici e Cristiani nel cuore del Borgo Antico e il prorettorato in Ateneo. Un signore cantava ad un angolo della strada e lui che in un momento di espansività mi ricordava una discussione avuta col sodale e collega Carlo Carletti (epigrafista di rango, scomparso proprio un anno fa): «Giorgio, ci pensi alla morte ogni tanto?»; «Carlo, quante volte te lo devo dire: non ho tempo per pensare a certe cose». Eh, sì. Chi ha avuto la ventura di lavorare accanto a lui e per giunta starci vicino, conoscendo senza mediazioni i suoi tratti caratteriali, sa che il professor Otranto non ha voluto perdersi in pensieri che non fossero lavoro, sostanziato da studi, contatti, organizzazione di convegni e seminari, attività accademica e anche un breve periodo di attività politica a Bari come consigliere comunale di minoranza in quota Partito Popolare.
Eppure le sue origini non avrebbero lasciato presagire il suo cursus honorum: proveniente da una famiglia non ricca, il padre un sarto, dalla Calabria si era trasferito a Bari per iscriversi alla facoltà di Lettere Classiche. Si era laureato con una tesi in Storia del cristianesimo col famoso docente e senatore comunista Ambrogio Donini su un autore greco delle origini, Giustino, con buoni voti. Tuttavia Donini, isolato nel mondo accademico barese, non poteva dargli alcuna prospettiva di carriera: al giovane Otranto che andò a trovarlo per chiedergli qualche indicazione sul futuro Donini poté solo consegnare una penna rossa affinché lo aiutasse a correggere le tante tesi in sospeso. Fu allora che Otranto si legò ad un altro docente di storia del cristianesimo (di ben altra tempra accademica!) presso la facoltà di Magistero, Antonio Quacquarelli, a cui egli deve le prime tappe del suo curriculum.
In quegli anni Settanta si formò un gruppo di docenti presso la prima sede nei locali attigui alla chiesa di san Giacomo. Alcuni di questi hanno inciso profondamente nella storiografia: si pensi alla storica dell’arte Pina Belli d’Elia, al romanista Francesco Grelle, mentre gli storici del cristianesimo (Otranto, Carletti, D’Angela, Pavan, Girardi, Colafemmina) componevano la redazione della rivista «Vetera Christianorum», una delle principali nel panorama specialistico internazionale, tra poco giunta al suo sessantesimo anno. Decisivo fu il lungo sodalizio col principale studioso di letteratura e storia delle origini cristiane, Manlio Simonetti, e con i suoi allievi romani.
Il successivo Dipartimento di Studi Classici e Cristiani, presso l’ex sito di Santa Teresa dei Maschi, può di fatto essere considerato una creatura dell’Otranto, destinato a divenire, sotto la sua guida non priva di elementi ora carismatici ora tirannici, unanimemente un centro di eccellenza negli studi per la tarda antichità e per i primi secoli del cristianesimo. Qui si alterneranno, in un ritmo a tratti troppo elevato, pubblicazioni, convegni, seminari, progetti, mostre. E non solo nella sede barese ma anche altrove con i seminari a Trani e Monte Sant’Angelo (di cui ricevette la cittadinanza onoraria), gli inviti all’estero fra Stati Uniti, Francia e Argentina ma anche le conferenze in piccoli comuni della sua regione di adozione.
Solo persone in malafede potrebbero vedere nella sua vulcanica attività una figura di mero organizzatore culturale. Niente di più inadeguato: il suo lascito storiografico è enorme per dimensioni, incisivo per qualità, aperto a futuri sviluppi. Riprendendo la fertile lezione del monsignore faentino Francesco Lanzoni agli inizi del secolo, a Otranto e ai suoi allievi si deve una decisiva, anzi definitiva, revisione della storia del primo cristianesimo nell’intera Italia centro-meridionale fino al tempo di papa Gregorio Magno (590-604). Tutti i temi da lui trattati hanno avuto uno svolgimento specialistico che mancava negli studi: si rileggano così i ripetuti lavori sul culto di San Michele Arcangelo, sui santuari e sui pellegrinaggi, sull’agiografia fino ad arrivare ad una enciclopedia mariana.
Una nota personale infine: l’incompatibilità di carattere che periodicamente esplodeva fra noi durante la mia fase di apprendistato storiografico ci allontanò per un pezzo ma la stima si mantenne. Ora che il professore non c’è più, mi è grato dichiararmi suo allievo ribelle, scismatico forse ma mai eretico.