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Pasquale Bellini
13 Novembre 2020
Shen-tzu, figlia dell’ottavo imperatore Manciù di nome Tao-Lin, era fanciulla di minute proporzioni nella figura, non arrivando la sua testa a toccare i rami più bassi dell’albero del loto, che pure non è molto alto. Ma ciò che preoccupava l’ imperiale genitore non era tanto la sua altezza non eccezionale (la bassa statura essendo in fondo la regola per le fanciulle e le donne del Celeste Impero, come del resto per gli uomini di quella parte del mondo) quanto la tendenza della ragazza a non camminare come tutti su due piedi, ma a preferire un’andatura carponi, accovacciata sulle mani e sui piedi, ora a piccoli balzi, ora come strisciando sui pavimenti di marmo nel palazzo e nei viali dei giardini imperiali.
Shen-tzu era per altro piuttosto graziosa e sottile di forme: le sue braccia e le sue gambe, fortificate dall’ esercizio del saltare e dello strisciare per terra, avevano assunto una struttura allungata e muscolosa, del tutto inusitata nelle fanciulle Manciù o nelle fanciulle cinesi in generale. Il medico di corte, il saggio Ka-fun-Goa, convinse così l’ imperatore Tao-Lin di lasciar fare alla natura, la quale avrebbe operato certamente per il meglio.
Così non si forzò mai la principessa Shen-Tzu a camminare eretta come tutte le altre ragazze e nemmeno le fu opposta resistenza quando cominciò a passare quasi tutto il suo tempo, dalla mattina alla sera, nel grande parco del palazzo imperiale, tra gli alberi, i laghetti, i fiori e le grandi distese di erba verdolina. Shen-tzu, che non era mai stata di molte parole (anzi c’ era chi sosteneva di non averla mai sentita davvero parlare) non rispondeva mai ai richiami preoccupati delle dame di compagnia, dei maggiordomi e dei servi di palazzo che spesso, su ordine di suo padre, la chiamavano per tutto il parco affinché rientrasse nelle sue stanze almeno per consumarvi i pasti.
La fanciulla, che andava assumendo un’ aria sempre più arborea a contatto com’ era sempre con le erbe, i fiori, gli alberi e le acque del parco, a volte saltellava allegramente da una finestra bassa in un salone del palazzo, e con uno squittìo di soddisfazione si accovacciava magari ai piedi del padre, l’ ottavo imperatore Manciù di nome Tao-Lin, che un po’ compiaciuto, un po’ imbarazzato, le accarezzava il capo e il viso, come ad un animaletto grazioso anche se alquanto repellente.
Il fatto è che Shen-Tzu, che sempre strisciava o saltellava nel bosco, sul terreno e nelle acque limacciose degli stagni e dei laghetti del grande parco, era sempre umidiccia se non bagnata, in più sporca di terreno e fango: la sua pelle unta e scivolosa aveva assunto quel colore di sottobosco verde-marrone tipico, per dire, delle ranocchie o delle lucertole.
Quando infine cominciò a sibilare e a sputare assai rumorosamente a destra e a manca (dall’ espressione degli occhietti vivaci e mobili si capiva che la cosa le procurava enorme soddisfazione) un po’ tutti, a cominciare dal padre imperatore, si resero conto che la principessa non era proprio adatta alla vita di corte.
Su consiglio allora del medico di corte, il saggio Ka-fun-Goa, fu predisposta una comodissima tana, all’interno del tronco di un grande albero di loto, sulla riva di un grande lago e nei pressi di una fresca sorgente. Shen-tzu vi si accomodò molto comodamente e da allora non lasciò più il parco, il lago, il bosco, nascondendovisi completamente.
Il padre imperatore però, ogni giorno verso il tramonto, si recava nei pressi della tana nel tronco di loto e cercava di scorgere la principessa tra i rami dell’ albero, o nell’ erba mentre si crogiolava all’ ultimo sole, o mentre beveva alla sorgente. La salutava da lontano, anche se non era mai molto sicuro di averla vista davvero, ma sempre credeva di sentire il sibilo o lo squittìo soddisfatto di Shen-Tzu e qualche volta era anche convinto di sentire qualcosa di umido e bagnato addosso.
Forse era Shen-tzu che sputava addosso al padre imperatore in segno di saluto, o magari gli si accostava e lo sfiorava velocemente con la sua pelle umidiccia e scivolosa.
All’ ottavo imperatore Manciù di nome Tao-Lin questo bastò per lunghi e lunghi anni, così anche alla principessa Shen-Tzu.
Dopo la morte dell’ imperatore nessuno più vide Shen-Tzu: le sue tracce e la sua immagine scomparvero per sempre tra i fiori, le erbe, gli alberi e le acque del parco. Ogni tanto si udiva, al tramonto, un fischio prolungato e qualcuno diceva che era Shen-Tzu, che salutava dal profondo del bosco.
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