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Nel Salento
Pierangelo Tempesta
13 Gennaio 2021
«Sottolineare sempre l’importanza dei dispositivi di protezione e allontanare la cultura del sospetto».
Mattia Solito, 27enne di Taurisano, studente di Giurisprudenza presso l’Università del Salento e volontario del Servizio civile nazionale nella pro loco del paese, ha sperimentato l’incubo del Coronavirus uscendone dopo 32 giorni di isolamento, trascorsi con febbre altissima e la paura di finire in ospedale.
Quando sono cominciati i sintomi?
«Il 6 novembre ho prenotato il tampone rapido al drive through di Taurisano per lunedì 9 novembre, ma solo per precauzione. Non avevo nessun sintomo. Le prime avvisaglie sono arrivate il giorno prima di fare il tampone: spossatezza, mal di testa, decimi di febbre. Il test rapido è risultato positivo, così come quello molecolare, fatto il giorno successivo sempre a Taurisano. Da lì sono rimasto chiuso in casa per 32 giorni. Solo al quinto tampone sono risultato negativo».
Come ha trascorso il periodo di isolamento?
«I primi otto giorni sono stati molto difficili. I sintomi erano molto forti, nonostante, per fortuna, non avessi alcun tipo di patologia pregressa. Avevo mal di testa, febbre a 39,5, saturazione bassa, spossatezza. Fortunatamente non è stato necessario il ricovero in ospedale, ma ero costantemente monitorato dal personale dell’Usca, che mi telefonava 2-3 volte al giorno. Qualora i sintomi fossero peggiorati, i medici sarebbero intervenuti per il ricovero. Posso dire di essere stato fortunato rispetto a tanti altri miei concittadini, così come sono stati fortunati i miei genitori, positivi anche loro ma senza quasi nessun sintomo se non, per mio padre, la perdita di olfatto e gusto».
Ora che il peggio è passato, cosa sente di dire a chi sottovaluta il virus e i suoi effetti?
«Mi auguro innanzitutto che ci sia ancora maggiore sensibilizzazione da parte delle istituzioni sulla pericolosità del virus. Bisogna insistere su quanto sia importante utilizzare i dispositivi di protezione. Le istituzioni, inoltre, hanno il compito di allontanare la cultura del sospetto e della continua ricerca del complotto, soprattutto perché viviamo in un’epoca in cui, attraverso i social network, è molto facile incappare in notizie dubbie o addirittura false. Credo che sia importante documentarsi da fonti attendibili. D’altro canto, mi rendo conto che le persone, rispetto al marzo scorso, sono stanche. C’è una percezione del pericolo minore rispetto ai mesi scorsi e, quindi, c’è meno attenzione. La sfida più grande, dunque, è contenere il virus ma anche adottare misure che possano garantire la tenuta sociale. La pandemia ha accentuato le diseguaglianze e chi già aveva nulla oggi, se possibile, ha ancora meno. Le persone meno tutelate sono quelle maggiormente esposte al rischio, pandemico e non».
Farà il vaccino?
«Sono assolutamente favorevole al vaccino. Non ho competenze per esprimermi in merito e, perciò, ho piena fiducia negli addetti ai lavori. Essendo giovane e avendo già contratto il virus, quindi avendo sviluppato gli anticorpi, come è emerso dal test sierologico, non sarà certo a breve termine il mio turno. Ma, nel rispetto delle categorie che hanno la precedenza, quando toccherà a me farò sicuramente il vaccino».
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