Il dolore

Brindisi, «La morte del nostro Mirko deve servire a salvare altre vite»

Fabiana Agnello

La famiglia parte civile nel processo. «Una battaglia per tutti». Mirko Conserva morì alle 3.30 del 15 settembre 2024 sul rettilineo dissestato di via Fani, a bordo del suo scooter T-Max 400.

«La nostra non è una costituzione di parte civile per un semplice incidente stradale ma per tutelare i diritti dei cittadini di Brindisi». Così si è espresso l’avvocato Giacinto Epifani al termine dell’udienza preliminare in cui i familiari di Mirko Conserva si sono costituiti parte civile nel procedimento penale relativo alla morte del ventenne brindisino avvenuta alle 3.30 del 15 settembre 2024 sul rettilineo dissestato di via Fani, mentre era a bordo del suo scooter T-Max 400.

Inchiesta che ha visto l’imputazione coatta dell’architetto Fabio Lacinio, dirigente del settore Lavori pubblici del Comune, difeso dall’avvocato Roberto Cavalera, accusato del reato di omicidio colposo stradale. Durante l’udienza, l’avvocato della famiglia Conserva ha chiesto la citazione della responsabilità civile del Comune di Brindisi; il gup Vittorio Testi scioglierà la riserva nell’udienza fissata al 18 novembre.

Il pm titolare del fascicolo, Francesco Carluccio, aveva richiesto l’archiviazione del procedimento, basando la propria argomentazione sull’inesigibilità del comportamento conforme alla regola cautelare da parte del dirigente Fabio Lacinio. L’inesigibilità era motivata dalle condizioni di predissesto economico del Comune che non avrebbe potuto realizzare i lavori di manutenzione lungo via Caduti di via Fani, nel rione Sant’Elia.

Ma, secondo il gip Barbara Nestore, non essendoci la possibilità di provvedere alla manutenzione, l’imputato avrebbe dovuto interdire la circolazione a veicoli e persone nei tratti della rete viaria che rappresentano una fonte di pericolo rilevante. Da qui, l’imputazione coatta di Fabio Lacinio per omicidio stradale.

All’udienza preliminare erano presenti anche i familiari di Mirko Conserva. «Mio nipote quella mattina alle 3.30 stava andando al lavoro e lo abbiamo trovato a terra con la sua divisa» ha ricordato Massimo Conserva, zio del 20enne. «Vogliamo la verità e non è giusto infangare il nome di mio nipote che era un lavoratore. Ci stiamo organizzando per creare un’associazione in sua memoria: il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare i giovani a rispettare la propria vita, a essere prudenti alla guida - prosegue - Vogliamo che arrivi loro il messaggio che non è un gioco: vorremmo entrare nelle scuole guida e portare la testimonianza di mio nipote. Sono troppi i giovani che muoiono sulle strade ed è un problema serio che va affrontato da tutti noi» conclude lo zio di Mirko.

Massimo Conserva è in contatto con altre famiglie del Brindisino che hanno perso un proprio caro a causa di un incidente stradale. Ma anche con la famiglia di Elena Aubry, 25enne morta nel 2018 a Ostia (Roma), mentre era in moto, in circostanze simili a quelle di Mirko: strada dissestata piena di buche e una serie di radici degli alberi. A processo sono finiti sei funzionari comunali e in abbreviato è stato condannato un addetto ai lavori di manutenzione.

Secondo l’avvocato Giacinto Epifani, che ha contestato l’intera ricostruzione della dinamica dell’incidente da parte del pm Carluccio, è indubbio che «vi sia stata da parte del Lacinio una chiarissima condotta ommissiva mediante omissione in diretta relazione concausale col tragico evento. … e la sua condotta omissiva andava ad aggiungersi a quella di tutti coloro ai quali veniva segnalato il problema inerente le pericolosissime sconnessioni del manto stradale».

Privacy Policy Cookie Policy