L'operazione

Traffico illecito di rame e ferro: nove arresti nella Bat, il gruppo colpiva ferrovie, strade e impianti fotovoltaici

Ognuno degli indagati, 13 in tutto, quattro stranieri e nove italiani, secondo quanto accertato dall’indagine coordinata dalla Procura di Trani avrebbe avuto un ruolo preciso

TRANI - Sono tredici le persone finite nell’inchiesta denominata Black out e condotta dagli agenti della polizia e dai finanzieri nel nord Barese. Avrebbero per diverso tempo gestito un traffico illecito di rame e ferro. Sette sono finite in carcere, due agli arresti domiciliari, una è stata sottoposta a obbligo di dimora e tre sono state raggiunte da misure interdittive. Rispondono di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e alla ricettazione.

Nel mirino del gruppo sono finiti impianti fotovoltaici, ponti radio, reti ferroviarie e stradali di tutta la provincia Barletta-Andria-Trani. Per chi indaga, il gruppo era "specializzato nel furto di ingenti quantitativi di rame e altro materiale ferroso che veniva successivamente riciclato da aziende del settore operanti principalmente a Trani». Ognuno degli indagati, quattro stranieri e nove italiani, secondo quanto accertato dall’indagine coordinata dalla Procura di Trani, avrebbe avuto un ruolo preciso: c'era chi si occupava di furti di rame e ferro e chi di ricettarlo e riciclarlo ad aziende del settore.

FURTI CREAVANO NOTEVOLE DISAGIO

L’operazione che nel nord Barese ha portato alla esecuzione di 13 misure cautelari e al sequestro di tre imprese è stata denominata Black out perché i furti di rame e ferro che sarebbero stati compiuti da alcuni dei 13 indagati "hanno creato danni di notevole rilievo, come l’aver lasciato senza rete telefonica e Internet intere zone, oppure aver portato via i binari della ferrovia con disagi ai viaggiatori». Lo ha spiegato nel corso di una conferenza stampa il capo della squadra mobile della questura di Andria, Gianluca Gentiluomo.

Gli indagati, di cui 9 per lo più residenti ad Andria e Trani e 4 di nazionalità marocchina, alcuni con precedenti, rispondono di associazione per delinquere finalizzata al furto, riciclaggio e ricettazione di materiale ferroso. In sette sono finiti in carcere, due agli arresti domiciliari mentre un’altra persona è stata sottoposta a obbligo di dimora. Tre imprenditori responsabili di altrettante imprese con sede a Trani, di cui due ditte individuali e una srl, sono stati invece raggiunti da interdittive della durata di un anno che impedirà loro di "esercitare attività di impresa e contrattare con la Pubblica amministrazione», ha sottolineato il capitano della guardia di finanza, Cosimo Carafa, che ha condotto le indagini assieme alla polizia. Il giro d’affari del gruppo è da quantificare ma i furti hanno riguardato soprattutto rame che ha un «prezzo che oscilla tra i 7 e i 10 euro al chilo», ha continuato il capitano.

Gli accertamenti investigativi, coordinati dalla Procura di Trani, sono iniziati quasi un anno fa dopo un furto. «Il rame veniva spesso sottratto da infrastrutture pubbliche come reti ferroviarie, autostradali, ponti radio e impianti fotovoltaici. E si capisce bene quali disagi abbiano provocato alla collettività», ha evidenziato il capo della squadra Mobile. Gli investigatori hanno appurato che la refurtiva era «ceduta alle tre imprese coinvolte nell’inchiesta che provvedevano a reintrodurla nel circuito dell’economia legale attraverso operazioni di ripulitura possibili anche bruciando le guaine che rivestivano il materiale ferroso, in piena violazione del testo unico per l’ambiente», hanno riferito poliziotti e finanzieri.

Alle due ditte individuali e alla srl sono stati sequestrati "gli insediamenti produttivi, i beni aziendali, le quote sociali, i mezzi e i macchinari che consentivo l’attività di impresa», ha proseguito Carafa chiarendo che «è stata alterata la libera concorrenza e da qui è arrivata la contestazione della violazione del decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato».
«Le tre realtà produttive indagate erano capaci di bonificare il materiale ferroso rubato anche attraverso la creazione di una documentazione fittizia che rendesse il materiale lecito per la rivendita al dettaglio a punti vendita ignari di acquistare merce rubata», ha concluso Gentiluomo.

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