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Villa comunale a Trani, due secoli tra bellezza e degrado

Nico Aurora

Trani è forse l’unica città a poter vantare una villa comunale così grande direttamente sul mare, con tutti i vantaggi e gli svantaggi conseguenti

TRANI - «Una delle figure apotropaiche scolpite nella villa comunale sembra gridare aiuto e reclamare attenzione ai giardini da parte nostra: noi gliela dobbiamo dare lavorando insieme». Così la soprintendente di Bat e Foggia, Anita Guarnieri, intervenendo a Palazzo Beltrani in un convegno a cura dell’Ordine degli architetti in collaborazione con Soprintendenza, Politecnico di Bari, Italia nostra e Comune di Trani. Tema, «Il giardino storico come opera d’arte tra ingegno in natura», in occasione del bicentenario della villa comunale di Trani, nata nel 1824 su progetto dell’architetto Francesco Salimeci.

Giardini storici Oggi, a distanza di due secoli, i giardini pubblici tranesi appaiono ben distanti dai fasti antichi e, soprattutto, da quel disegno strutturale e organico intorno al quale nacquero, perfettamente innestati nella città e addirittura in grado di ispirarne l’ulteriore sviluppo urbanistico. Basti pensare all’asse unitario che collega stazione ferroviaria e villa comunale, inteso come un percorso unico attraverso il verde di piazza della Repubblica.

Villa sul mare Trani è forse l’unica città a poter vantare una villa comunale così grande direttamente sul mare, con tutti i vantaggi e gli svantaggi conseguenti, a cominciare dallo progressivo sgretolamento della cinta muraria, con i conci che cadono ogni giorno in acqua staccandosi dal terrapieno: quel progetto è in attesa di restauro da anni, nell’attesa di un semaforo verde della Regione Puglia. «Nel frattempo - fa sapere la sovrintendente - noi e il Comune stiamo lavorando insieme per pensare una villa futura che ragioni come quella passata».

«Lavorare insieme» fu anche il motivo ispiratore all’origine della villa comunale. L’area si delineò attraverso le donazioni di numerosi benefattori, la principale dei quali fu la famiglia Antonacci, che cedette al municipio i propri terreni in cambio di un unico vincolo che chiedeva agli amministratori dell’epoca: «Non si costruisca mai davanti al nostro palazzo».

Così nacque l’odierna piazza Quercia «e dunque - come ha sottolineato l’architetto Francesca Onesti, curatrice dell’incontro per conto dell’Ordine degli architetti e di Italia nostra - la villa comunale ed il suo secolare splendore nascono da una sublime intuizione e sinergia fra pubblico e privato, la stessa di cui si avrebbe bisogno oggi per rilanciarla».

Restauro e gestione In questa direzione ha anche indicato il percorso da realizzare l’architetto Guarnieri: «La villa è della collettività e ad essa va pienamente riconsegnata attraverso un progetto organico. Perché questo avvenga - è la sua forte raccomandazione -, restauro e gestione devono andare di pari passo. Una villa oggi gestita dal solo Comune non ce la fa, ed allora il Comune deve trovare uno o più partner in grado di garantirle pregio, efficienza, efficacia e sicurezza che oggi mancano, insieme con una visione collettiva che i fatti dimostrano non esserci».

E qui la professionista snocciola alcuni esempi significativi. «Il boschetto in stato di abbandono e senza un minimo disegno organico; tre tipologie diverse di lampioni, dei quali soltanto una minima parte è quella storica ancora esistente; nessuna cucitura con l’esterno, poiché l’aiuola antistante è poco curata e non zampilla da anni, mentre la chiesa di San Domenico è ancora chiusa nell’attesa di lavori di restauro che si dovranno chiudere entro il 2026».

In altre parole, la villa del futuro «richiede un ragionamento uguale a quello grazie al quale sorse due secoli fa - ha concluso la sovrintendente -, ricucendo il rapporto con il mare e con la città, di cui è cuore e non appendice».

Per la cronaca, la villa comunale di Trani è tutelata ope legis ai sensi del Codice dei beni culturali. Non vi fu posto un vicolo diretto, ma diventò bene vincolato grazie al superamento dei 70 anni dalla sua realizzazione, avendone verificato l’interesse storico e culturale.

In questi due secoli, peraltro, gli unici progetti di restauro risultanti nell’archivio della Soprintendenza sono i seguenti: anno 2000, sostituzione dei lampioni originali in ghisa fusi all’inizio del ’900 dalla Lindeman, di Bari; anno 2006, risanamento conservativo della cassa armonica realizzata nel 1888, nuova pavimentazione della piazzetta circostante e manutenzione straordinaria della chiocciola.

C’è poi l’intervento incrociato in corso fra ripascimento in mare e restauro conservativo del paramento lapideo, di cui trattiamo in altro spazio. Di certo, in due secoli, troppo poco rispetto al tanto che ci sarebbe stato e c’è da fare.

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