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Massimiliano Scagliarini
23 Gennaio 2019
Una pen-drive contenente il video di una perquisizione effettuata dai carabinieri ai danni di una persona di Corato, finito in un fascicolo che l’allora pm Antonio Savasta si affrettò a far archiviare prima del trasferimento come giudice a Roma. Il contenuto di quella chiavetta è l’elemento più misterioso dell’indagine che la scorsa settimana ha portato in carcere Savasta e il poliziotto Vincenzo Di Chiaro: il video - ha accertato la Procura di Lecce, che per questa storia contesta ai due il reato di calunnia nei confronti dei militari - era infatti stato alterato, aggiungendo alcune voci fuori campo in modo tale da far intendere che i carabinieri stessero cercando di estorcere all’uomo perquisito dichiarazioni contro Flavio D’Introno, l’imprenditore che avrebbe pagato Savasta e il gip Michele Nardi (pure lui arrestato) per manipolare alcune indagini.
La pen-drive, acquisita da Di Chiaro «da una fonte affidabile» il 15 dicembre 2014, finisce in un fascicolo affidato a Savasta che quel giorno era di turno in Procura. Quando a fine marzo scorso il pm lascia Trani per approdare a Roma come giudice, la sua richiesta di archiviazione viene assegnata alla gip Caserta che non se la beve:nel video - scrive - c’è «una voce (che sembra fuori campo) che pare sovrapporsi all’ambiente e alte vod registrate dal filmato», e soprattutto - rileva - il file contenente il video risulta copiato sulla chiavetta il 17 dicembre. Due giorni dopo il (presunto) sequestro.
È per questo che il fascicolo tranese è stato trasmesso a Lecce ed è entrato nell’inchiesta della pm Roberta Licci. E i risultati della perizia disposta sul video sono, a dir poco, stupefacenti. La registrazione è stata «senza ombra di dubbio» manipolata, e le voci aggiunte - scrive il consulente Silverio Greco - non appartengono a nessuno dei militari della Stazione di Corato e del Radiomobile di Trani che avevano partecipato alla perquisizione. «Colabe’ dicci il nome di Flavio D’Introno che ce ne andiamo Colabe’», «Capito Colabella, centrano flavio o no?», «Ah Colabe’, Tommaso Nuzzi, Flavio D’lntrono e tu, ci state in mezzo», sono le tre frasi aggiunte: dall’analisi della traccia audio, il consulente ha stabilito che «e non può essere stata ripresa dallo stesso trasduttore» (il microfono integrato in una telecamera di sicurezza, ndr) con cui era stato registrato il video della perquisizione.
Ma perché tutto questo? «Se è vero che non resta chiarita la finalità dell'azione delittuosa, che deve ritenersi diretta a favorire una qualche utilità al D’Introno - scrive il gip Giovanni Gallo -, va detto che la descrìtta condotta è idonea ad integrare oltre che un falso in atto pubblico anche una grave calunnia in danno dei Carabinieri». Tuttavia, secondo l’ordinanza, è «altamente probabile l’ipotesi che si sia voluta creare una sorta di arma di ricatto nei confronti dei carabinieri o comunque precostituire una difesa in favore di D’Introno e Nuzzi in ipotesi di effettivo coinvolgimento dei due da parte del Colabella in sue attività illecite».
D’Introno, che ha raccontato di aver pagato 2 milioni di euro ai due giudici arrestati, ha cominciato a collaborare con la Procura. Dai suoi verbali si stanno sviluppando altre indagini che, a quanto sembra, coinvolgerebbero anche alcuni altri magistrati. I pm salentini hanno seguito anche la traccia dei soldi. E, valorizzando una attività compiuta dalla Finanza di Firenze, hanno evidenziato che dal 2015 a marzo 2018 Savasta ha versato sui propri conti 235mila euro in aggiunta allo stipendio di magistrato, di cui 150mila con assegni, 43mila attraverso bonifici e 41mila in contanti. Nelle sue confessioni, D’Introno ha detto di avergli dato 300mila euro. Domani il Csm stabilirà se Savasta e Nardi (che ha chiesto i domiciliari o il trasferimento in un carcere diverso da quello di Lecce) meritino di essere sospesi.
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