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02 Luglio 2018
Nico Aurora
TRANI - «Mio padre non sta per nulla bene e il suo malessere, più che fisico, adesso è psicologico, da quando ho saputo che casa sua è stata occupata». A rivelarlo è uno dei figli del quasi novantenne che, dallo scorso 20 giugno, è stato privato della sua residenza popolare, in via Olanda, da un’azione di forza da parte di una famiglia che ha approfittato della sua degenza in ospedale, a causa di una caduta, per introdursi nell’appartamento lasciato libero.
Da allora, e sono passati 12 giorni, quella famiglia - con all’interno una donna disabile, una incinta e bambini - non è più andata via da lì e nulla sembra ancora poter cambiare l’assurdo stato delle cose. Le difficoltà crescono di giorno in giorno ed il novantenne, dimesso dall’ospedale, da alcuni giorni risiede in una casa alloggio a Margherita di Savoia, a spese dei figli.
Peraltro, sempre a proposito di spese, nel frattempo la casa da lui occupata resta intestata a lui, insieme con le utenze di acqua, luce e gas, che l’anziano assegnatario sarà ancora costretto a pagare mentre ne beneficeranno altri. Tutto questo sarebbe già dovuto cessare mandando via gli occupanti, ma adesso il rischio è che sia proprio la famiglia dell’occupato a dovere, paradossalmente, formalizzare la disdetta delle utenze, per non pagarle più. Ma sarebbe solo il primo passo verso la sempre più temuta rinuncia all’assegnazione dell’alloggio.
In altre parole, spese su spese nell’attesa di rientrare in quella a casa che, di giorno in giorno, è sempre meno casa sua. «Siamo già allo stremo delle forze - confida il figlio dell’uomo -, perché siamo costretti a fare i pendolari con Margherita di Savoia, confrontarci con l’amministrazione comunale, le forze dell’ordine, l’avvocato e persino fra di noi per ricercare il bandolo della matassa, senza ancora trovarlo».
E rivela un retroscena non meno inquietante di tutto il resto di questa vicenda sempre più surreale: «Mio fratello, nei giorni scorsi è tornato lì e ha provato a trovare di nuovo una soluzione pacifica. Ma gli è stato risposto che “noi da qui non ce ne andiamo“, e qualcuno di loro ha anche allungato lo sguardo, con fare minaccioso, verso la sua vettura, quasi a lanciare un messaggio per lasciare intendere che, adesso, ne conoscono anche il numero di targa e potrebbero arrecare un’offesa anche a lui. Ci sentiamo stanchi e sempre più moralmente a terra - è lo sfogo finale del figlio del povero nonnetto -, perché qui ci muoviamo solo noi, su e giù, ma nessuno ancora si muove per noi».
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