Petrolio lucano, ecco perché fu annullata l'ordinanza di custodia per l'on.Margiotta
Depositate le motivazioni del Riesame per la decisione favorevole al deputato del Pd Salvatore Margiotta. I giudici sostengono che le intercettazioni non sono "univoche", nell'individuazione del soggetto che sarebbe effettivamente intervenuto sulla dirigenza della Total
18 Febbraio 2009
POTENZA - I giudici del Riesame di Potenza un mese fa hanno annullato l’ordinanza di custodia cautelare per il deputato del Pd Salvatore Margiotta richiesta del pm Henry John Woodcock e firmata dal gip Rocco Pavese. Ora hanno depositato le motivazioni.
Nelle 97 pagine i giudici del Riesame sostengono che "l'avvenuto incontro tra il politico del Pd e l’imprenditore Francesco Ferrara (al centro dell’inchiesta Total), in circostanze di tempo e di luogo particolari, certamente è circostanza ambigua, idonea ad alimentare perplessità e sospetti". Eppure il collegio rileva che le intercettazioni non sono "univoche", nell’individuazione del soggetto che sarebbe effettivamente intervenuto sulla dirigenza della Total, che potrebbe essere "quantomeno alternativamente" il sindaco di Gorgoglione Ignazio Tornetta (prima arrestato, ora è agli arresti domiciliari). Margiotta non può essere l’informatore di Ferrara rispetto all’esito della prima fase della gara d’appalto per una questione "logica e cronologica", e anche se non ci sono "motivi per immaginare una millanteria di Ferrara nel momento in cui rivela ad una sua confidente di aver promesso a Margiotta una somma ingente di denaro per il suo intervento, non è dato in alcun modo desumere se tale offerta sia stata accettata, e soprattutto non si ricava alcuna certezza in merito alla natura e ai destinatari dell’intervento che Margiotta avrebbe dovuto porre in essere nell’interesse di Ferrara".
Secondo i giudici del riesame è più probabile che "a Margiotta non era stato richiesto di agire sulla Total", perché il suo intervento sarebbe stato "perfino superfluo", bensì di "bloccare l’interferenza indebita proveniente dalla Regione in ordine alla gara". Se è così che stanno le cose, allora l’intervento di Margiotta "seppure inopportuno ed eticamente sconveniente - secondo i giudici del Riesame - sempre che vi sia stato, non potrebbe comunque essere connotato da illiceità sotto il profilo penale", anche perché manca la prova che il deputato "fosse a conoscenza - si legge nell’ordinanza del Riesame - dell’accordo fraudolento sottostante tra Ferrara e la Total".
"ESISTE SISTEMA CORRUTTIVO" Nella vicenda delle presunte tangenti per l’estrazione di petrolio in Basilicata, tra “i vertici della Total” e alcuni amministratori locali e imprenditori lucani, non emerge “con la necessaria nitidezza” l'esistenza di un’associazione per delinquere, ma un “concorso di più persone” in alcuni reati, con “gravi indizi di colpevolezza”, in particolare per la corruzione e la turbativa d’asta per la realizzazione del Centro oli di “Tempa rossa”. E' quanto emerge dalle motivazioni del provvedimento del Tribunale del Riesame di Potenza del 31 dicembre scorso, quando i giudici attenuarono le misure cautelari disposte dal gip, Rocco Pavese, su richiesta del pm Henry John Woodcock, nell’ambito dell’inchiesta che portò, il 16 dicembre scorso, all’arresto di undici persone, tra cui l’amministratore delegato della Total, Lionel Levha, l’imprenditore Francesco Ferrara, alcuni funzionari della società petrolifera e amministratori locali, attualmente ai domiciliari. Per quanto riguarda il deputato lucano del Pd, Salvatore Margiotta, secondo il Riesame (che annullò gli arresti domiciliari, la cui richiesta era già stata respinta dall’Aula di Montecitorio) non esistono gravi indizi di colpevolezza o elementi che possano confermare “interventi” del politico in favore di Ferrara per l’aggiudicazione di alcuni appalti per la realizzazione dei Centro oli da parte della Total nell’ambito della concessione “Gorgoglione”. Il Riesame, però, conferma che tra funzionari della Total, imprenditori e amministratori locali, pur nell’insussistenza dell’associazione per delinquere, sia “innegabile” una “forte e preoccupante convergenza di interessi”, così come una delle gare d’appalto per la realizzazione del Centro oli fu “aggiudicata a Ferrara” grazie a una “condotta fraudolenta”. L'assegnazione della gara all’imprenditore, scrivono i giudici, fu solo inizialmente “benedetta” dai “vertici” politici “regionali”che poi fecero “pressioni” sui funzionari della Total evidenziando “l'inopportunità di una aggiudicazione in quanto la Procura di Potenza stava svolgendo indagini sia su Ferrara che sull'appalto in questione”. Il Tribunale del riesame, pur attenuando le misure cautelari dell’arresto in carcere con i domiciliari per i funzionari della Total, ha evidenziato infine la possibilità di reiterazione del reato, e “l'esistenza di un vero e proprio sistema corruttivo realizzato” dai rappresentanti della compagnia petrolifera francese per “realizzare profitti milionari per conto della società”.
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