di ANGELO LABBATE Durante il restauro s'è scoperto che la Madonna in trono della chiesetta dell'Annunziata di Accettura (Matera) era una sorta di matrioska: all'interno erano inserite altre due statue. Su una originaria scultura che si può ascrivere al XIII secolo, un'ulteriore sovrapposizione che risale alla prima metà del 1800 • La statua oggetto di una tesi di laurea
05 Dicembre 2008
ACCETTURA - La Madonna in trono, collocata nella chiesetta dell’Annunziata, è stata sempre oggetto di devozione. «Dopo il terremoto dell’80 - racconta il parroco, don Peppino Filardi - la statua fu acquisita dalla Soprintendenza ai beni artistici e storici della Basilicata e inclusa in un programma di conservazione. Due anni fa, per restituire la Madonna al culto popolare, la parrocchia si assunse gli oneri dei lavori di restauro, che furono affidati alla restauratrice Filomena Gianna Iozzi, sotto la direzione della dottoressa Agata Altavilla, soprintendente ai Beni artistici».
Durante le operazioni è venuto fuori che nell’icona, come una matrioska, erano inserite altre due statue. Su una originaria scultura modellata su un tronco di pioppo, che si può ascrivere al XIII secolo, incastonata in un trono ligneo, è stato applicato un rivestimento di stoffa, dipinta ad acquerello e adorna di decorazioni floreali e inserti aurei. È la versione mariana che apparve al vescovo di Tricarico Giovanni Battista Santonio, che, nella relazione della visita pastorale del 1588, ne fa menzione come “statua Mariae Virginia coloribus et auro ornata”.
Una ulteriore sovrapposizione risale alla prima metà del 1800, come si ricava dai fogli di cronache giudiziarie dell’epoca, utilizzati per la realizzazione della statua in cartapesta, che si presenta col bambinello in grembo. Riportata all’antico splendore con un paziente lavoro di restauro, la Madonna in trono è un interessante documento dell’evoluzione dei gusti e dei canoni, oggetto di curiosità e dell’attenzione degli studiosi di storia dell’arte, che arricchisce lo sconosciuto patrimonio artistico di una piccola comunità. Angelo Labbate
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