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ROMA - Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro Antonio Giglio, accogliendo la richiesta del Procuratore Mariano Lombardi, ha archiviato l'inchiesta relativa ad una presunta diffusione, tra alcuni giornalisti, di una password di accesso al sistema informatico della Procura della Repubblica di Potenza. Il decreto di archiviazione risale allo scorso mese di giugno, ma se ne è avuta notizia solo ora in ambienti di giustizia della Capitale.
Nel procedimento erano indagati, per abuso di ufficio e rivelazione di segreto, il giudice per le indagini preliminari potentino Alberto Iannuzzi, il Pubblico ministero Henry John Woodcock e due giornalisti del "Corriere della Sera", Giovanni Bianconi e Fiorenza Sarzanini.
L'indagine aveva avuto origine da una segnalazione del Prefetto di Potenza, Luciano Mauriello, al Ministero dell'Interno, fatta nel luglio dello scorso anno, pochi giorni dopo l'arresto - richiesto dal Pm Woodcock e disposto dal giudice Iannuzzi - del principe Vittorio Emanuele di Savoia e di altri coindagati. Nella segnalazione si sosteneva che la fuga di notizie sull'inchiesta, ed in particolare la rapida pubblicazione di intercettazioni telefoniche, era da ricondursi al fatto che alcuni giornalisti erano in possesso della chiave di accesso alla rete informatica della Procura di Potenza. Successivamente il Prefetto, sulla base di indicazioni ricevute dal Questore di Potenza, precisò che la chiave di accesso alla quale faceva riferimento era in realtà una "pen drive" (memoria informatica), mediante la quale poteva leggersi l'ordinanza di custodia cautelare, che comprendeva anche le intercettazioni telefoniche.
La notizia della presunta conoscenza da parte di alcuni giornalisti della password della Procura potentina ebbe particolare clamore, al punto che il Ministro dell'Interno Giuliano Amato, in un'audizione dell'11 luglio dello scorso anno alla Commissione affari costituzionali della Camera, si disse «esterrefatto» dei collegamenti tra Procure e giornali, e trasmise subito la nota del Prefetto di Potenza al Ministero della Giustizia, che mandò propri ispettori nel capoluogo lucano.
Dall'inchiesta giudiziaria della Procura di Catanzaro sulla vicenda - oggetto anche di indagini amministrative ed ispettive, tutte archiviate - è emerso, in primo luogo, l'inesistenza di una chiave di accesso ai sistemi informatici della Procura di Potenza. Inoltre, l'ipotesi del Prefetto - che alcuni giornalisti, attraverso la "pen drive", fossero in possesso di copia dell'ordinanza di custodia cautelare contro il principe Vittorio Emanuele ed altri indagati prima ancora della sua esecuzione - è stata definita dal giudice per le indagini preliminari «un'illazione», rimasta priva di riscontri.
Escluso qualsiasi comportamento illecito da parte dei due magistrati potentini che conducevano l'inchiesta, ed escluso anche che i due giornalisti del "Corriere della Sera" che pubblicarono le intercettazioni fossero a Potenza nei giorni immediatamente precedenti agli arresti, è stato deciso di archiviare l'inchiesta.
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