Toghe lucane - Annullati provvedimenti perquisizione e sequestro
Erano stati disposti nei confronti di Felicia Genovese, Sostituto Procuratore Antimafia di Potenza, di suo marito Michele Cannizzaro, dg dell'Azienda Ospedaliera del capoluogo lucano e di Iside Granese, Presidente del Tribunale di Matera
29 Marzo 2007
CATANZARO - Il Tribunale della Liberta' di Catanzaro ha disposto l'annullamento dei provvedimenti di perquisizione e sequestro eseguiti nei confronti della dottoressa Felicia Genovese, Sostituto Procuratore Antimafia di Potenza, di suo marito Michele Cannizzaro, Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera dello stesso capoluogo lucano e della Dottoressa Iside Granese, Presidente del Tribunale di Matera. Lo rende noto il difensore, Giancarlo Pittelli, affermando che
"il Tribunale della libertà ha dovuto prendere atto della illegittimità degli atti compiuti dal Dottore De Magistris". "Si tratta - aggiunge Pittelli - di un episodio di inusitata gravità poichè i provvedimenti sono stati adottati al di fuori dei casi consentiti dalla legge in quanto ad indagini scadute da lungo tempo. Si tratta di un fatto rispetto al quale non ricordo precedenti. L'accaduto è ancor più grave poichè si tratta di un procedimento a carico di magistrati in servizio con ruoli importantissimi. L'ennesima dimostrazione, ove ce ne fosse bisogno, del modo di procedere del Dr. De Magistris. Rispetto a questo ultimo episodio, di portata gravissima, denuncerò immediatamente a tutti gli organi competenti, così come è avvenuto in passato, l'autori di tali condotte inaccettabili in uno Stato di diritto".
L'avvocato Angela Pignatari, in una nota, ha sottolineato che il Tribunale del riesame di Catanzaro "con il provvedimento depositato oggi, ha accolto la tesi difensiva".
Pignatari ha ricordato di aver "eccepito l'illegittimità di tali atti" insieme agli avvocati Antonio Russo e Pittelli. Il legale potentino ha detto che, davanti al Tribunale del riesame i difensori "hanno evidenziato con forza la gravità di un'attività invasiva della libertà e della privacy, disposta dall'inquirente in spregio ai principi giuridici che governano la durata delle indagini preliminari e le regole dell'iscrizione nel registro degli indagati. Il Tribunale - ha concluso Pignatari - ha riconosciuto la violazione verificatasi in un procedimento oltremodo enfatizzato mediaticamente".
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