
ROMA - I quattro rapiti lo scorso 7 dicembre da una stazione di pompaggio dell'Agip nel delta del Niger - tre italiani e un libanese - "stanno bene", ma i sequestratori sembrano non avere fretta di stringere il negoziato; anzi oggi, con una efficace prova di forza, hanno attaccato due strutture petrolifere occidentali, una dell'Agip e la seconda della Shell, senza provocare alcuna vittima e con il dichiarato obiettivo di tenere alta l'attenzione sulle loro richieste.
Con una strategia mediatica ben studiata, i sequestratori del Mend (Movimento per l'emancipazione del delta del Niger) hanno prima annunciato tre attacchi a strutture petrolifere occidentali, quindi ne hanno eseguiti due, per poi concludere la giornata rivendicando gli attacchi e, contestualmente, inviando al "Corriere della Sera" le foto dei quattro ostaggi tuttora nelle loro mani (gli italiani Francesco Arena, Cosma Russo di Bernalda, provincia di Matera, e Roberto Dieghi; e il libanese Imad S. Abed).
Un'accelerazione che però non significa che il Mend abbia fretta: tutt'altro. Le foto dei quattro sequestrati - appaiono in buone condizioni fisiche - sono state accompagnate da una mail che conferma una serie di richieste, tutte politiche e, quindi, ben più complesse da soddisfare.
«Si tratta di un gruppo ben organizzato e che ha tempo; bisogna quindi aspettare che concretizzino meglio le loro richieste. Purtroppo - ha spiegato una fonte che sta lavorando per la soluzione del caso - ci sono anche dinamiche preelettorali nigeriane».
Ieri ci sono state le primarie per il candidato alla vicepresidenza e il prossimo 21 aprile la Nigeria andrà alle elezioni.
Se per i quattro tecnici dell'Eni diventa sempre più concreta la possibilità di passare le feste natalizie lontano dai loro familiari, anche l'Agip si viene a trovare in una posizione poco rassicurante: «Le compagnie petrolifere straniere, tra cui l'Agip, sono responsabili del degrado della Nigeria; hanno corrotto i governanti, sono colluse con i dittatori e hanno provocato lo scempio ecologico che è sotto gli occhi di tutti», si legge nella mail del "Mend", firmata dal rappresentante del movimento separatista Jomo Gbomo.
L'Agip, ma anche la Shell, sembra così essere nel centro del mirino del Mend, che però sottolinea la volontà di non voler ancora provocare vittime: «Per ora non vogliamo stragi di innocenti, non abbiamo ancora raggiunto questo stato di disperazione. Noi vogliamo - si precisa nella mail - cacciare le compagnie petrolifere dalla nostra terra, non intendiamo creare vedove».
«Non so quando potranno essere rilasciati, tutto dipende - si legge ancora - dalla buona volontà del governo nigeriano, che deve liberare i detenuti nostri fratelli incarcerati senza nessun motivo».
Richieste strettamente politiche che fanno pensare ad una lunga trattativa anche se l'Eni sta silenziosamente lavorando per facilitare il negoziato su basi economiche e cercando di favorire compensazioni locali.
Cresce così la preoccupazione per un sequestro che era stato previsto veloce e che invece si sta allungando pericolosamente, nonostante il Mend anche oggi abbia confermato di «non voler fare del male a nessuno».
Una preoccupazione che in serata ha ben espresso da Bernalda Annamaria Russo, la moglie di Cosma Russo, uno dei tre italiani rapiti: «Ho visto mio marito abbattuto, mi sembra il più abbattuto dei quattro».
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