Lultima fatica di Ercole negli inferi di Acerenza
di MASSIMO BRANCATI
L’hanno ribattezzato in vari modi: Indiana Jones lucano, divoratore di date e documenti, topo di biblioteca, ambasciatore di una storia tutta da scoprire. Lui è Michele Di Pietro, ex dirigente di una filiale di banca, «cantore» dell’Acheruntia, ricercatore «fai da te» che continua a tirare fuori dal cilindro dei suoi approfondimenti aneddoti, vicende e personaggi in qualche modo legati ad Acerenza, paese d’origine. Il suo è un magma infinito di notizie alimentate da altre notizie che trasformano il piccolo centro lucano di 2.500 anime in una sorta di «caput mundi» della storia. Sembra che tutto sia passato da qui: dalle origini acheruntine di papa Urbano VI al sonetto che Giambattista Vico dedicò proprio ad Acerenza, al dipinto di Tiziano per la cappella del Duca di Acerenza, don Cosimo Pinelli. Scampoli di un elenco lungo di incroci tra il paese lucano e personaggi famosi, del calibro di Galileo Galilei.
Fesserie? Nessuna teoria campata in aria, nessuna allucinazione o fantasiosa ricostruzione degli avvenimenti. Di Pietro - che da 48 anni è impegnato nella minuziosa ricerca di ogni particolare sul passato di Acerenza - non proferisce parola se non supportato da polverosi e ingialliti libri scovati in biblioteche di tutta Italia. Fa tutto rigorosamente gratis, per il solo piacere di scoprire, di stupire e di stupirsi di fronte a una storia che rivela un’Acerenza «prezzemolina » nelle pagine di un passato remoto.
L’ultima clamorosa «illuminazione»: una delle fatiche di Ercole, la dodicesima, sarebbe stata fatta proprio ad Acerenza. Per catturare Cerbero, il cane a tre teste, Euristeo, che voleva liberarsi dell’eroe, mandò Ercole nel mondo degli inferi il cui ingresso era situato in una caverna sotto Acherondia o Acheronzia, il nome dell’attuale Acerenza. Il plurimillenario paese lucano, fondato da una colonia greca, fu chiamato Acheronzia perché bagnato dal fiume Acheronte che era il primo nome del fiume Bradano. Successivamente, anche Orazio la immortalò in latino: …quicumque celsae nidum Acherontiae… (Odi – Libro III, ode IV). A sostegno della tesi di Di Pietro ecco come Acerenza, sulla scia del lavoro di ricerca svolto dallo stesso Indiana Jones lucano, viene definita in alcuni libri relativi alla mitologia greca. Dizionario greco antico e mitologia greca (online): Acherondia, città situata in Puglia, sotto la quale si apriva una caverna che dava all’inferno. Eracle vi sarebbe entrato per catturare il mostruoso cane a tre teste Cerbero. Dizionario della lingua italiana – vo - lume VII, pag. 814 – Padova 1830: Acherondia era una città della Puglia, sopra d’una montagna all’estremità dell’Italia: A’ piè di questa montagna eravi una caverna, per cui Ercole discese all’Inferno, e ne levò il Tricerbero.
A suggellare la scoperta di Di Pietro c’è la descrizione dell’ingresso agli inferi fatta dall’arcivescovo francese François de Salignac de la Mote, più noto come Fènelon. A pagina 390 del suo romanzo «Le avventure di Telemaco figliuolo d’Ulisse», edito a Napoli nel 1768, si legge: «... tra queste angustie risolve finalmente di discendere all’inferno per un luogo assai famoso, che poco era lontano dal campo (Venosa), e che avea preso il nome d’Ache - ronzia da una orrorosa caverna, che ivi s’apriva, onde poteasi giugnere all’onda impura del tremendo Acheronte… La città d’Acheronzia era sull’erto di una rupe collocata, qual nido sopra la cima d’un albero; e a piè della rupe si vedea l’oscura caverna, a cui timorosi i mortali non ardivano d’accostarsi, ed i pastori pensavano sempre a tenerne lontani gli armenti… ».
E nella stessa pagina, alla nota 4 si legge: «Acheronzia era una città della Puglia situata sopra un monte all’e s t re m i t à dell’Italia. A’ piè di questo monte v’è una caverna, da cui con tanto impeto precipita il fiume Acheronte, che i Poeti hanno creduto esser quello luogo una porta dell’Inferno. Per questa caverna entrò Ercole, e seco ne trasse Cerbero».
«Il mito dell’Ercole Acheruntino - spiega ancora Di Pietro - è confermato anche dal fatto che la cattedrale di Acerenza è stata costruita sul tempio dedicato al mitico eroe, dalla splendida statuetta di Ercole, trovata negli anni ‘60 ad Acerenza, in mostra al Museo archeologico di Potenza, e dalla coppa in vetro dorata, custodita al British Museum di Londra, raffigurante l’Ercole Acheruntino».
L’hanno ribattezzato in vari modi: Indiana Jones lucano, divoratore di date e documenti, topo di biblioteca, ambasciatore di una storia tutta da scoprire. Lui è Michele Di Pietro, ex dirigente di una filiale di banca, «cantore» dell’Acheruntia, ricercatore «fai da te» che continua a tirare fuori dal cilindro dei suoi approfondimenti aneddoti, vicende e personaggi in qualche modo legati ad Acerenza, paese d’origine. Il suo è un magma infinito di notizie alimentate da altre notizie che trasformano il piccolo centro lucano di 2.500 anime in una sorta di «caput mundi» della storia. Sembra che tutto sia passato da qui: dalle origini acheruntine di papa Urbano VI al sonetto che Giambattista Vico dedicò proprio ad Acerenza, al dipinto di Tiziano per la cappella del Duca di Acerenza, don Cosimo Pinelli. Scampoli di un elenco lungo di incroci tra il paese lucano e personaggi famosi, del calibro di Galileo Galilei.
Fesserie? Nessuna teoria campata in aria, nessuna allucinazione o fantasiosa ricostruzione degli avvenimenti. Di Pietro - che da 48 anni è impegnato nella minuziosa ricerca di ogni particolare sul passato di Acerenza - non proferisce parola se non supportato da polverosi e ingialliti libri scovati in biblioteche di tutta Italia. Fa tutto rigorosamente gratis, per il solo piacere di scoprire, di stupire e di stupirsi di fronte a una storia che rivela un’Acerenza «prezzemolina » nelle pagine di un passato remoto.
L’ultima clamorosa «illuminazione»: una delle fatiche di Ercole, la dodicesima, sarebbe stata fatta proprio ad Acerenza. Per catturare Cerbero, il cane a tre teste, Euristeo, che voleva liberarsi dell’eroe, mandò Ercole nel mondo degli inferi il cui ingresso era situato in una caverna sotto Acherondia o Acheronzia, il nome dell’attuale Acerenza. Il plurimillenario paese lucano, fondato da una colonia greca, fu chiamato Acheronzia perché bagnato dal fiume Acheronte che era il primo nome del fiume Bradano. Successivamente, anche Orazio la immortalò in latino: …quicumque celsae nidum Acherontiae… (Odi – Libro III, ode IV). A sostegno della tesi di Di Pietro ecco come Acerenza, sulla scia del lavoro di ricerca svolto dallo stesso Indiana Jones lucano, viene definita in alcuni libri relativi alla mitologia greca. Dizionario greco antico e mitologia greca (online): Acherondia, città situata in Puglia, sotto la quale si apriva una caverna che dava all’inferno. Eracle vi sarebbe entrato per catturare il mostruoso cane a tre teste Cerbero. Dizionario della lingua italiana – vo - lume VII, pag. 814 – Padova 1830: Acherondia era una città della Puglia, sopra d’una montagna all’estremità dell’Italia: A’ piè di questa montagna eravi una caverna, per cui Ercole discese all’Inferno, e ne levò il Tricerbero.
A suggellare la scoperta di Di Pietro c’è la descrizione dell’ingresso agli inferi fatta dall’arcivescovo francese François de Salignac de la Mote, più noto come Fènelon. A pagina 390 del suo romanzo «Le avventure di Telemaco figliuolo d’Ulisse», edito a Napoli nel 1768, si legge: «... tra queste angustie risolve finalmente di discendere all’inferno per un luogo assai famoso, che poco era lontano dal campo (Venosa), e che avea preso il nome d’Ache - ronzia da una orrorosa caverna, che ivi s’apriva, onde poteasi giugnere all’onda impura del tremendo Acheronte… La città d’Acheronzia era sull’erto di una rupe collocata, qual nido sopra la cima d’un albero; e a piè della rupe si vedea l’oscura caverna, a cui timorosi i mortali non ardivano d’accostarsi, ed i pastori pensavano sempre a tenerne lontani gli armenti… ».
E nella stessa pagina, alla nota 4 si legge: «Acheronzia era una città della Puglia situata sopra un monte all’e s t re m i t à dell’Italia. A’ piè di questo monte v’è una caverna, da cui con tanto impeto precipita il fiume Acheronte, che i Poeti hanno creduto esser quello luogo una porta dell’Inferno. Per questa caverna entrò Ercole, e seco ne trasse Cerbero».
«Il mito dell’Ercole Acheruntino - spiega ancora Di Pietro - è confermato anche dal fatto che la cattedrale di Acerenza è stata costruita sul tempio dedicato al mitico eroe, dalla splendida statuetta di Ercole, trovata negli anni ‘60 ad Acerenza, in mostra al Museo archeologico di Potenza, e dalla coppa in vetro dorata, custodita al British Museum di Londra, raffigurante l’Ercole Acheruntino».