Truffa a lucani: interrogatori a ex-Sisde e prelato
Il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi, ascolterà i presunti componenti di una banda di truffatori, in un'inchiesta - coordinata dal pm, Henry John Woodcock - che sfiora servizi segreti, Vaticano e «massoneria deviata»
07 Maggio 2006
POTENZA - Il gip di Potenza, Alberto Iannuzzi, comincerà domani gli interrogatori dei presunti componenti di una banda specializzata nella truffa ad imprenditori, in un' inchiesta - coordinata dal pm, Henry John Woodcock - destinata a toccare anche i servizi segreti, almeno un prelato vaticano e la «massoneria deviata».
Il legame con i servizi segreti è rappresentato da Fausto Del Vecchio, ex sottufficiale dei Carabinieri, già in servizio al Sisde nelle sedi di Perugia e di Roma e da ieri detenuto in carcere su disposizione del gip. Secondo quanto si è appreso, Del Vecchio aveva rapporti strettissimi con il capo della banda della truffa, Massimo Pizza, a sua volta personaggio dalle diverse identità (gli investigatori hanno accertato che è stato presentato anche come generale dei Carabinieri ad un altro, ma vero, ufficiale dell' Arma). L' inchiesta ha stabilito che Del Vecchio forniva a Pizza notizie riservate e alcune riguardarono anche il procedimento penale avviato e coordinato da Woodcock. Lo stesso Pizza, interrogato dal pubblico ministero, ha descritto Del Vecchio come «custode di vent' anni di segreti del Sisde» e protagonista di «operazioni fantasma», con conseguente appropriazione di fondi riservati per il pagamento di informatori e confidenti. Fra le persone arrestate vi è, comunque, anche un assistente della Polizia di Stato, il quale un giorno, accompagnando ad un appuntamento con Pizza un imprenditore potentino che poi sarebbe stato truffato, si accorse che la sua automobile era seguita da un moto, fece una verifica negli archivi del Ministero dell' Interno e stabilì che la motocicletta aveva una targa «coperta», quindi in uso alla Polizia. Di conseguenza, avvertì subito Pizza.
In sostanza, Del Vecchio, come gli altri presunti componenti della banda, aveva un ruolo preciso: ciascuno cooperava per la sua parte per rendere credibili le truffe che venivano attuate ai danni di imprenditori (quelle accertate dalla Polizia di Stato e dalla Polizia municipale di Potenza hanno riguardano imprenditori potentini, di Forlì, laziali e pugliesi). Qualcuno veniva convinto che poteva fare investimenti in Somalia, ad altri (in difficoltà giudiziarie) venivano promessi finanziamenti e mutui agevolati. Tutti però dovevano pagare le spese di costituzione di società di comodo a Nizza, in Francia: ma i soldi - decine o centinaia di migliaia di euro - sparivano nelle tasche di Pizza e dei suoi collaboratori. Tutto era falso, compresi alcuni documenti di riconoscimento (fra cui un tesserino dell' Onu che uno degli indagati consegnò al pm, quando fu interrogato). Fra l' altro, fra gli indagati vi è anche il viceprimo ministro e ministro dell' Interno della Somalia, Hussein Mohamed Farah Aidid, accusato di aver intascato tremila euro per firmare atti nel febbraio scorso che «coprissero» alcuni dei truffatori, quando però il pm di Potenza aveva già scoperto tutto.
Tra l' altro, sia il gip - quando lo interrogherà - sia il pm vorranno approfondire i rapporti fra Pizza e alcuni investigatori dell' Arma, che indagavano sul presunto capo della banda dei truffatori e dal quale ricevettero anche «costosi doni». Pizza riusciva anche così a dimostrare la grandezza dei mezzi a sua disposizione: insieme a Giuseppina Sannino (considerata la tesoriera della banda e ora in carcere), in cinque anni ha firmato assegni in uscita per circa cinque milioni di euro. I due spendevano in media 90 mila euro al mese, pur risultando nullatenenti e senza reddito.
Durante l' inchiesta, inoltre, il pubblico ministero ha interrogato almeno due volte anche un «noto prelato», coinvolto in passato in un' inchiesta della Procura distrettuale antimafia di Napoli. Tale inchiesta coinvolse un ufficiale dei Carabinieri e un faccendiere, poi deceduto. Quest' ultimo fu coinvolto nell' inchiesta sull' omicidio del giornalista del «Mattino», Giancarlo Siani: l' inchiesta toccò i rapporti fra uomini politici, massoneria e ambienti vaticani. Davanti al pm potentino, il prelato si sarebbe più volte contraddetto, rispondendo a domande sul suo ruolo di «intermediario» in alcune operazioni avviate da Pizza.
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