L'inchiesta aveva permesso di sgominare una cellula della cosca potentina dei Basilischi. La Corte d'Appello di Potenza ha ribaltato, inasprendola, la sentenza del Tribunale
24 Marzo 2005
POTENZA - Pene pesanti sono stati inflitte dalla Corte d' Appello di Potenza nel processo di secondo grado per l' inchiesta Bogotà, contro una cellula operativa della cosca potentina dei Basilischi. La Corte ha ribaltato la sentenza del Tribunale, che aveva assolto o condannato a pene lievi quasi tutti gli imputati.
Domenico Riviezzi, assolto in primo grado, è stato condannato a sei anni e otto mesi per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Gianuario Di Santo, condannato dal Tribunale a otto anni e dieci mesi, si è visto aumentare la pena a 14 anni. E' stata confermata l' assoluzione in primo grado di Saverio Riviezzi, fratello di Domenico.
Luigi Miglionico ha avuto 6 anni e 8 mesi (era stato assolto in primo grado), Giuseppe Lottino 6 anni e 11 mesi (1 anno e 7 mesi), Marco Pacella 6 anni e 8 mesi (assolto), Giuseppe Giuliano 6 anni e 9 mesi (1 anno e 4 mesi), Nicola Larotonda 6 anni e 10 mesi (1 anno e 4 mesi).
La Corte d' Appello, presieduta da Vincenzo Autera, ha riconosciuto l' esistenza del vincolo associativo fra gli imputati, come aveva sostenuto il procuratore generale, Luigi Liguori. In primo grado, nel maggio del 2004 il Tribunale aveva respinto la tesi dell' associazione a delinquere, alla base dell' impianto accusatorio del pm Vincenzo Montemurro e della squadra mobile di Potenza. L' operazione Bogotà era scattata nel novembre 2001, con undici arresti fra Potenza e Pignola.
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