Antichi mestieri lucani Tre quarti e una gassosa quella di nonno e papà
di LUIGIA IERACE
La bottiglia in vetro da un quarto. Il vecchio tappo metallico con il classico congegno che veniva utilizzato anche per chiudere le bottiglie di salsa, con il gommino rosso-arancio. La scritta rossa ancora nitida, «Gassosa Avena Potenza». «È una delle vecchie bottiglie che utilizzavamo quando la gassosa si chiudeva ancora a mano - ricordano i fratelli Michele e Anna Avena (42 e 39 anni) che continuano l’attività avviata da nonno Michele nel 1926 - ma le prime bottiglie avevano il tappo a pallina ». In sostanza, il gas spingeva la pallina in alto, verso il collo della bottiglia e manteneva chiuso il tappo. Quanto sembrano lontani quegli anni, ma la gassosa Avena resiste da quasi un secolo sulle tavole lucane. È diventato un vero e proprio simbolo nel quale si riconoscono diverse generazioni: dai più amziani ai più giovani che hanno creato anche un gruppo su facebook: «il club della gassosa Avena». Da quando nonno Michele fondò la sua azienda di bibite, ghiaccio, caramelle e liquori, a oggi la gassosa Avena è rimasta, infatti, sempre uguale.
«Piace a tutti, forse perché molti ricordano l’infanzia, quando la gassosa era in tavola vicino al vino e si mescolava secondo il famoso tre quarti e una gassosa - dice Anna -. O perché mio padre Alfredo Avena è riuscito ad apportare una modifica che l’ha resa unica, più buona delle altre. Parliamo di un periodo storico in cui in città c’erano una trentina i gassosai. Il fatto che sia rimasto solo lui, è il segno che è riuscito a trovare la formula giusta che ha resistito e resiste nel tempo».
Una storia di quasi un secolo che parte con Michele Avena, ambulante di Ruvo di Puglia. «Veniva a Potenza con un gruppo di commercianti. C’era Ignomirelli, Lamorgese, vendevano articoli per la casa, abbigliamento - racconta la nipote Anna -. Poi incontrò la nonna, Teresa Chirico, e rimase a Pootenza. Si sposarono. Nacquero 7 figli, e nacque l’azienda a corso Garibaldi».
Negli anni Cinquanta i figli Alfredo, Alberto e Mario lo affiancarono nell’attività che negli anni Settanta, fu spostata nell’attuale sede di via del Gallitello, su 10mila metri quadrati.
Flebili ma importanti ricordi quelli di Michele e Anna. «Nostro padre era del 1910, c’era molta differenza di età. La sua paura era quella che scegliessimo un’altra strada. Da piccoli ci ha sempre portato in azienda, cercando di incuriosirci. Insomma ci ha plasmati bene. E dopo il diploma lo abbiamo seguito». «Era autoritario, ma molto affettuoso, aveva tanti interessi. “Bisogna sempre essere onesti”, diceva».
Sono cresciuti con lui e anche l’azienda che oggi produce 14.000 bottiglie all’ora di gassosa piccola, 3 milioni e mezzo di bottiglie di gassosa all’anno. «Una bibita destinata a scomparire». Non per ora, si tramanda di padre in figlio e in Basilicata batte tutta la concorrenza anche delle grandi marche. Forme di pubblicità? Nessuna. Basta quell’antica tradizione familiare che rimanda ai nonni e che riporta al gusto dei sapori di una volta. «Non manca mai sulla nostra tavola e noi la diamo ai nostri figli, Domenico, Claudia e Alfredo Mauro, come hanno fatto con noi i nostri genitori».
La bottiglia in vetro da un quarto. Il vecchio tappo metallico con il classico congegno che veniva utilizzato anche per chiudere le bottiglie di salsa, con il gommino rosso-arancio. La scritta rossa ancora nitida, «Gassosa Avena Potenza». «È una delle vecchie bottiglie che utilizzavamo quando la gassosa si chiudeva ancora a mano - ricordano i fratelli Michele e Anna Avena (42 e 39 anni) che continuano l’attività avviata da nonno Michele nel 1926 - ma le prime bottiglie avevano il tappo a pallina ». In sostanza, il gas spingeva la pallina in alto, verso il collo della bottiglia e manteneva chiuso il tappo. Quanto sembrano lontani quegli anni, ma la gassosa Avena resiste da quasi un secolo sulle tavole lucane. È diventato un vero e proprio simbolo nel quale si riconoscono diverse generazioni: dai più amziani ai più giovani che hanno creato anche un gruppo su facebook: «il club della gassosa Avena». Da quando nonno Michele fondò la sua azienda di bibite, ghiaccio, caramelle e liquori, a oggi la gassosa Avena è rimasta, infatti, sempre uguale.
«Piace a tutti, forse perché molti ricordano l’infanzia, quando la gassosa era in tavola vicino al vino e si mescolava secondo il famoso tre quarti e una gassosa - dice Anna -. O perché mio padre Alfredo Avena è riuscito ad apportare una modifica che l’ha resa unica, più buona delle altre. Parliamo di un periodo storico in cui in città c’erano una trentina i gassosai. Il fatto che sia rimasto solo lui, è il segno che è riuscito a trovare la formula giusta che ha resistito e resiste nel tempo».
Una storia di quasi un secolo che parte con Michele Avena, ambulante di Ruvo di Puglia. «Veniva a Potenza con un gruppo di commercianti. C’era Ignomirelli, Lamorgese, vendevano articoli per la casa, abbigliamento - racconta la nipote Anna -. Poi incontrò la nonna, Teresa Chirico, e rimase a Pootenza. Si sposarono. Nacquero 7 figli, e nacque l’azienda a corso Garibaldi».
Negli anni Cinquanta i figli Alfredo, Alberto e Mario lo affiancarono nell’attività che negli anni Settanta, fu spostata nell’attuale sede di via del Gallitello, su 10mila metri quadrati.
Flebili ma importanti ricordi quelli di Michele e Anna. «Nostro padre era del 1910, c’era molta differenza di età. La sua paura era quella che scegliessimo un’altra strada. Da piccoli ci ha sempre portato in azienda, cercando di incuriosirci. Insomma ci ha plasmati bene. E dopo il diploma lo abbiamo seguito». «Era autoritario, ma molto affettuoso, aveva tanti interessi. “Bisogna sempre essere onesti”, diceva».
Sono cresciuti con lui e anche l’azienda che oggi produce 14.000 bottiglie all’ora di gassosa piccola, 3 milioni e mezzo di bottiglie di gassosa all’anno. «Una bibita destinata a scomparire». Non per ora, si tramanda di padre in figlio e in Basilicata batte tutta la concorrenza anche delle grandi marche. Forme di pubblicità? Nessuna. Basta quell’antica tradizione familiare che rimanda ai nonni e che riporta al gusto dei sapori di una volta. «Non manca mai sulla nostra tavola e noi la diamo ai nostri figli, Domenico, Claudia e Alfredo Mauro, come hanno fatto con noi i nostri genitori».