Un altro giudizio pendente davanti alla Corte Costituzionale per la Regione Basilicata. Contestata la legge di trasferimento di competenze e rapporti, debiti inclusi, dell’ex Consorzio dei comuni non montani del Materano. La questione risale al 1992 quando a regione decise la soppressione del Consorzio dei comuni non montani del Materano creato 8 anni prima. Competenze e rapporti dell’ente furono trasferiti
16 Febbraio 2010
di Giovanni Rivelli
MATERA - Un altro giudizio pendente davanti alla Corte Costituzionale per la Regione Basilicata. Questa volta il Governo nazionale non c’entra, ma il procedimento nasce da una contrapposizione con la Provincia di Matera pendente davanti alla sezione civile della Corte d’Appello di Potenza.
La questione risale, come spesso avviene per i giudizi civili, a molti anni fa e cioè al 1992 quando a regione decise la soppressione del Consorzio dei comuni non montani del Materano creato 8 anni prima. Competenze e rapporti dell’ente furono trasferiti alla Provincia di Potenza, ma questo ente locale si trovò a fare i conti con due problemi: «disinvolta assunzione di personale a tempo indeterminato», e una debito con l’Inps per l’«assunzione di operai agricoli utilizzati in mansioni diverse».
Per limitare i danni, la provincia, enel 1995, usufruì del condono previdenziale, pagando 2 miliardi e 400 milioni di lire che aveva chiesto alla Regione, ma la Regione non gli aveva dato. Così ha intentato causa, ma senza avere, in primo grado, successo e vedendosi così respingere l’istanza dal Tribunale.
Così in Appello, la provincia, rappresentata dall’avvocato Rocco Brienza, ha puntato più in alto: ha lamentato l’illegittimità dell’articolo della legge regionale che aveva trasferito i rapporti del Consorzio alla stessa Provincia, per contrasto con gli articoli 3, 81 e 97 della Costituzione, lamentando anche come l’esborso imprevisto avesse leso l’autonomia amministrativa della provincia in contrasto conq uanto previsto sempre dalla Costituzioen all’articolo 128.
E la Corte d’Appello, non ravvisando la manifesta infondatezza della questione e, di contro, attestandone la rilevanza della questione di legittimità, ha deciso di portare il caso alla Corte Costituzionale. Per i giudici potentini, al decisione di trasferire i rapporti del Consorzio alla Provincia senza provvedere al ripiano delle pendenza «appare innanzitutto irragionevole e arbitraria, in contrasto con il dettatod lel’art.3 della Costituzione, dal momento che impone all’Amministrazione provinciale il risanamento di uan situazione debitoria gravante sul Consorzio, senza che alcuna forma di responsabilità contabile possa ravvisarsi in capo al nuovo ente delegato».
«Inoltre - spiega il collegio presieduto da Vincenzo Autera e composto da Ettore Nesti e Gaetano Catalani - risulta contraria al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, tutelato dall’articolo 97 della Costituzione, atteso che (...) attribuisce ulteriori competenze all’Amministrazioen provinciale (...) ed impone al delegato l’adempimento di obbligazioni c ontratte da un altro soggetto, in assenza di riconoscimento di opportuni mezzi finanziari».
Per il collegio «vanno condivise (quantomeno sotto il profilo della non manifesta infondatezza) le censure di incostituzionalità (...) con riferimento al contrasto dell’art.128 della costituzione all’epoca vigente, ovvero, laddove ne sia ritenuta l’applicabilità, con l’art. 119 della Costituzione nell’attuale formulazione: infatti è del tutto evidente che per effetto dell’imposizioend i oneri economici già gravanti sul disciolto COnsorzio, la Regione Basilicata ha inevitabilmente finito col disporre di risorse dell’ente successivamente delegato e con il lederne, conseguenzialmente, le scelte programmatiche».
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