Si è indagato, si sono fatti accertamenti, sono state passate al vaglio le posizioni di ben tre giunte della Regione Basilicata (nell’ordine quella guidata da Angelo Raffaele Dinardo, quella di Filippo Bubbico e quella presieduta da Vito de Filippo) ma alla fine il procedimento sulle 14 «elisuperfici notturne» che il servizio di emergenza urgenza utilizza e sono state fornite da un’azienda esterna va in archivio
22 Gennaio 2010
di Giovanni Rivelli
POTENZA - Tutto regolare. Si è indagato, si sono fatti accertamenti, sono state passate al vaglio le posizioni di ben tre giunte della Regione Basilicata (nell’ordine quella guidata da Angelo Raffaele Dinardo, quella di Filippo Bubbico e quella presieduta da Vito de Filippo) ma alla fine il procedimento va in archivio.
Il procedimento è quello dell’«inchiesta 118», vale a dire l’indagine sulle 14 «elisuperfici notturne» che il servizio di emergenza urgenza utilizza e sono state fornite da un’azienda esterna. Ma ora il Gip Rocco Pavese avrebbe finito l’esame della richiesta di archiviazione presentata dal Pm Claudia De Luca tempo fa e, anche se manca l’ufficialità, avrebbe dieciso per l’accoglimento, con l’invio del fascicolo in archivio.
L’ipotesi su cui si avviò l’inchiesta (ai tempi di Giuseppe Galante procuratore capo) sulla base di un esposto anonimo, era che nel servizio ci fossero «evidenti disfunzioni» di cui era responsabile l’azienda, ma che questa avrebbe potuto contare su abusi e omissioni fatte dai vari governi regionali che si sono succeduti nel tempo. I componenti dell’esecutivo che aggiudicò l’appalto erano accusati di aver aggiudicato il servizio di emergenza urgenza, ma dopo di aver «impedito l’azione di vigilanza sulla corretta esecuzione del contratto sin dall’avvio del servizio» procurando «un ingiusto vantaggio patrimoniale» alla ditta che gestiva il servizio e un danno alla Regione Basilicata. Accusa simile a quella a carico dei componenti delle varie giunte che si sono succedute che, «pur in presenza di evidenti disfunzioni nella gestione dell’appalto elisoccorso-elisuperfici da parte della ditta che gestisce il servizio, non esercitavano la dovuta azione di controllo, anche con riguardo all’operato dei dirigenti e funzionari regionali, omettendo di adottare gli opportuni conseguenti provvedimenti risolutori» e di adottare quelle penali che pure erano previste dal contratto.
Accuse respinte, tra interrogatori e memoriali, da un esercito di difensori, da Dino Donnoli a Sergio Lapenna, da Donato Pace e Fabio Viglione e alla fine dell’attività d’indagine, sulle accuse contenute nello scritto anonimo, non sarebbe emerso niente di concreto inducendo prima il Pm De Luca e poi il Gip Pavese per chiudere tutto non ravvisando alcuna responsabilità. Restituendo, in questo modo, serenità a quella nutrita pattuglia di politici finiti sotto inchiesta per essere stati componenti dei diversi esecutivi che si sono succeduti tra il gennaio del 1999, quando il servizio fu dato in appalto, e il 2005, quando si insediò l’ultimo esecutivo prima dell’avvio dell’indagine, vale a dire i tre presidenti Angelo Raffaele Di Nardo, Filippo Bubbico e Vito De Filippo, e i vari assessori Rocco Colangelo, Franco Mattia, Carlo Chiurazzi, Sabino Altobello, Carmine Nigro, Carlo Chiurazzi, Rocco Vita, Salvatore Blasi, Aldo Michele Radice, Erminio Restaino, Gennaro Straziuso, Carmine Nigro, Donato Paolo Salvatore, Cataldo Collazzo, Giovanni Carelli, Gaetano Fierro, Francesco Mollica e Giovanni Rondinone. Accusa ipotizzata e poi caduta anche per alcuni dirigenti regionali (Giuseppe Montagano, Giovanni De Costanzo e Mario Marra) «rei», secono l’accusa poi caduta, di aver effettuato i vari mandati di pagamento e alcuni tcnici ed esponenti delle ditte che realizzarono gli impianti.
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