Sono ragazzi. E non soltanto ragazzi. Sono venticinque fino a questo momento di età compresa fra i 13 e i 44 anni. Le richieste di accesso però sono tante e continuano a moltiplicarsi. La più piccola delle alunne si chiama Sandeep Kaur e arriva da Lakhimpur, in India. È qui con suo fratello, Lovepreet Sinsh, di un anno più grande (14 anni). Hader Karim invece ha 44 anni, è sposato, e viene da Casablanca (Marocco). È il più maturo di questi particolari allievi che affollano l'aula a pian terreno della scuola media Antonio Busciolano, a Potenza. È qui che un gruppo di immigrati extracomunitari prova ad affrontare la prima grande sfida per poter vivere e sentirsi accettato in un Paese (il nostro), per loro, straniero.
Un Paese che, se non riesci neppure a comprendere la lingua e a farti capire, assume appare minaccioso, luogo di rischio, poco accogliente. In questa scuola, invece, i loro occhi spaventati sembrano ritrovare un po' di rassicurazione. In queste aule si sono sentiti accettati e aiutati. «Vengono dai posti più lontani – spiega il professor Enzo Russo, che segue questa specialissima classe - e spesso, quando arrivano da noi, all'inizio parlano a gesti. Quest'anno ci sono persone che vengono da Filippine, Cuba, Afghanistan, Russia, Moldavia, Ucraina, Polonia, Marocco, India. Ovviamente le storie sono l'una diversa dall'altra. C'è chi, in poco tempo, riesce a padroneggiare lingua e scrittura. E c'è chi ci mette degli anni. Peraltro qui arrivano anche ragazze e ragazzi con titoli di studio acquisiti nei loro Paesi d'origine, diplomi o lauree. Titoli che non sempre vengono riconosciuti. E poi si rivolgono a noi anche ragazzi, venuti da Paesi extracomunitari, che sono stati adottati da famiglie potentine».
La dirigente scolastica Maria Giuseppa Corrado, coordinatrice del Ctp (Centro territoriale permanente), sottolinea l'importanza di questo «corso di L2» (vuol dire lingua seconda) che prevede la possibilità di «realizzare buone pratiche educative fondate sull'accoglienza e sull'integrazione di immigrati extracomunitari attraverso metodiche educative innovative».
Ci sono percorsi diversi fra i ragazzi con meno di 16 anni e quelli di età superiore. Entrambi i percorsi mirano, comunque, a sostenere la loro integrazione attraverso processi di alfabetizzazione. In tutti i giorni di scuola, dalle 15.30 alle 18.30 (ma spesso anche oltre), nella scuola Busciolano si fa lezione con questa piccola rappresentanza di umanità multietnica. «Fondamentale per noi – spie gano Russo e Corrado – è lo spirito di accoglienza, cercando di ricreare una dimensione familiara. Attenta agli aspetti umani». Ci sono, alle spalle di questi ragazzi, sovente storie difficili. Dolori celati che affiorano, di tanto in tanto, soltanto in fondo agli sguardi tristi. A occhi di spavent o. «Molti conoscono questa nostra esperienza attraverso il passaparola di altri immigrati, magari parenti, amici, o compaesani – continua il professor Russo – che hanno frequentato le lezioni prima di loro. E, una volta qui, si impara la lingua, la grammatica. Ma anche gli elementi di diritto del lavoro, un po' di economia. E si effettuano visite in realtà produttive: realtà artigianali, agricole, industriali.
L'integrazione di questi ragazzi è obiettivo prioritario che passa attraverso tre momenti fondamentali: l'accoglienza, l'intervento linguistico e una specifica attenzione alla dimensione interculturale all'interno delle varie discipline. Il tutto nella prospettiva di una didattica al servizio della collettività ». Nel progetto educativo del centro territoriale permanente, concludono il professor Russo e la preside Corrado, «l'educazione interculturale, da anni, è diventato un tema centrale e di interesse condiviso nelle strutture in cui quotidianamente gli operatori del centro si cimentano: sede centrale, associazione ragazzi down, carcere minorile, centro di prima accoglienza, carcere maschile».
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