Potenza dimenticata e la maledizione dell'ex biblioteca
di MASSIMO BRANCATI È davvero un destino avverso quello dell’ex biblioteca provinciale di Potenza. L’edificio era nato sotto una cattiva stella se è vero che il suo primo direttore, Sergio Di Pilato, scrisse: «Prima ancora di aprire i battenti è fonte di aspre polemiche». Dal giorno della sua inaugurazione (1949) ne ha vissute di «battaglie» e oggi è lì, uno scheletro di edificio abbandonato a se stesso, simbolo di un degrado che non risparmia neppure il centro storico del capoluogo lucano
29 Dicembre 2009
di MASSIMO BRANCATI l
È davvero un destino avverso quello dell’ex biblioteca provinciale di Potenza. L’edificio era nato sotto una cattiva stella se è vero che il suo primo direttore, Sergio Di Pilato, scrisse: «Prima ancora di aprire i battenti è fonte di aspre polemiche». Dal giorno della sua inaugurazione (1949) ne ha vissute di «battaglie» e oggi è lì, uno scheletro di edificio abbandonato a se stesso, simbolo di un degrado che non risparmia neppure il centro storico del capoluogo lucano. L’ex biblioteca di corso Garibaldi è uno dei «misteri» della città, vittima di un palleggiamento di competenze e di contenziosi.
L’unica certezza è... l’incertezza sul suo recupero: da decenni l’edificio è preda di incuria e sta crollando letteralmente a pezzi. Tutto è fermo al 2002, quando l’amministrazione provinciale, guidata allora dall’attuale sindaco di Potenza, Vito Santarsiero, con delibera numero 7 del 10 gennaio 2002, decise di cedere per dieci anni, in comodato gratuito, al Ministero dei Beni Culturali l’immobile in attesa della sua vendita per destinarlo a sede dell’Archivio di Stato. La decisione fu presa per «non vanificare il celere recupero del complesso stesso ed il suo utilizzo» e per permettere in tal modo «l’esecuzione delle opere di recupero e adattamento a cure e spese del Ministero per i Beni e le Attività Culturali». L’intervento risultava inserito nei programmi di finanziamento del Ministero stesso. Bene, anzi male.
Da allora non è stato fatto niente. C’è solo la traccia di un progetto di recupero del sito risultato vincitore dell’appalto-concorso di idee. Risale al 2005 e fa riferimento a un piano redatto da un gruppo di architetti (capogruppo il napoletano Sergio Rosanova) che aveva individuato alcuni aspetti su cui intervenire: disporre di aree accessibili al pubblico; un moderno e corretto funzionamento delle operazioni di ricerca e consultazione dei fasci e dei documenti; disporre di aree per mostre, esposizioni, convegni e ristoro; organizzare sul piano spaziale e distributivo un corretto funzionamento degli uffici, a loro volta, in qualche caso, accessibili al pubblico; razionalizzare, secondo criteri nuovi e metodi avanzati per l’archiviazione; un adeguato sistema di smistamento dei documenti senza interferenze con i percorsi usufruiti dal pubblico.
Belle intenzioni. Che restano solo sulla carta. Sono sparite anche dal sito internet dell’architetto Rosanova che ha sistemato nel dimenticatoio il progetto dopo aver constatato che i fondi stanziati per il recupero dell’ex biblioteca sarebbero stati dirottati per altre opere pubbliche. E che attorno al palazzo aleggiano contenziosi e attriti di fronte ai quali è meglio darsi alla fuga. A oltre mezzo secolo dalla sua costruzione, dunque, l’ex biblioteca è sempre più un «guscio vuoto». Non c’è più nulla dei dettagli che impreziosivano la sua facciata. Dalle asole vetrate della grande facciata alla finestra a nastro sul fronte principale, senza dimenticare le decorazioni originali collocate sulla sommità della torre, dove c’erano, e chissà se ci sono ancora, le aquile imperiali a bassorilievo che stavano a simboleggiare la «casa della cultura umanistica di Potenza».
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