La Cassazione ha annullato la sentenza di condanna - per falsa testimonianza - nei confronti di Eliana De Cillis, la ragazza per paura non aveva aiutato a trovare un'amica scomparsa
08 Giugno 2004
POTENZA - La Sesta sezione penale della Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna - per falsa testimonianza - nei confronti di Eliana De Cillis, in relazione alle sue dichiarazioni agli inquirenti nell'inchiesta sulla misteriosa scomparsa della studentessa potentina Elisa Claps, avvenuta il 12 settembre 1993. De Cillis è stata dichiarata non punibile in base all'articolo 384 del codice penale che esclude la condanna nei confronti di chi commette reato «per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore». Eliana De Cillis era stata condannata, il 9 gennaio 2003, a un anno e quattro mesi di reclusione dalla Corte di Appello di Potenza mentre, in primo grado, era stata assolta perché non poteva essere sentita in qualità di teste.
De Cillis fu assolta dal giudice unico del Tribunale di Potenza, Rocco Pavese, il 21 dicembre 2000.
Nelle motivazioni alla sentenza - contro la quale il pubblico ministero, Lucio Setola, presentò appello - Pavese definì quello della scamparsa di Elisa Claps «un mistero tuttora irrisolto» e sottolineò la «sostanziale impossibilità di appurare la verità storica sottesa alla vicenda». Pavese scrisse che era «certo, al di là di ogni ragionevole dubbio», che De Cillis non avesse detto la verità «o più esattamente che abbia nascosto circostanze a lei note».
In particolare il giudice sottolineò tre aspetti: le telefonate fatte dall'imputata la mattina della scomparsa di Elisa, la «bugia» che De Cillis raccontò e la sua «paura», definito «il punto più inquietante». Quest'ultima circostanza si riferisce al fatto che Eliana De Cillis confidò a due sue amiche, ma non chiarì successivamente, di avere «timore per la propria sorte, ove fosse andata anche lei» ad un appuntamento di Elisa Claps con un giovane coinvolto nella vicenda: «Non è dato conoscere - scrisse Pavese - le ragioni della reticenza di De Cillis, ma è legittimo opinare che sapesse (e sappia) più di quello che riferiva».
I primi due aspetti evidenziati dal giudice fanno riferimento ad una telefonata che Eliana De Cillis fece quel giorno ad un'altra amica, «invece di continuare a preoccuparsi concretamente di Elisa»; e alla «bugia» da raccontare ai genitori che la stessa Elisa propose all'amica.
Nel ricorso, Setola sottolineò la «palese inadeguatezza» delle motivazioni del giudice monocratico e ribadì la richiesta di condanna di De Cillis. La Corte di appello, il 9 gennaio 2003, condanno l'imputata a un anno e due mesi di reclusione (pena sospesa). Ora la Corte di Cassazione ha chiuso definitivamente la questione della presunta falsa testimonianza di Eliana De Cillis, dichiarando l'imputata non punibile, verosimilmente (la motivazione della sentenza si avrà tra qualche settimana) dando rilievo proprio ai timori che la ragazza nutriva per la propria sorte.
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