Carcere a vita per il delitto avvenuto a Melfi 16 giugno del 2007. Lo ha chiesto ieri mattina, dopo una requisitoria durata circa un’ora davanti alla Corte D’Assise di Potenza, il pm di Melfi, Sofia Anfossi. Nella sua requisitoria ha ricostruito l’intera vicenda. Gerardo Navazio, difeso dall’avvocato Mirella Viggiani, quando è stato tratto in arresto ha dichiarato ai carabinieri di aver ucciso Mauro Tartaglia per difendersi
23 Settembre 2009
MELFI - Carcere a vita a Gerardo Navazio per l’omicidio di Mauro Tartaglia freddato a Melfi 16 giugno del 2007. Lo ha chiesto ieri mattina, dopo una requisitoria durata circa un’ora davanti alla Corte D’Assise di Potenza, il pm di Melfi, Sofia Anfossi.
Nella sua requisitoria il pm Anfossi ha ricostruito l’intera vicenda. Gerardo Navazio, difeso dall’avvocato Mirella Viggiani, quando è stato tratto in arresto ha dichiarato ai carabinieri di aver ucciso Mauro Tartaglia per difendersi. Poi ha accusato Tartaglia di aver indotto alla prostituzione la sua donna, Beatrice Luciano. Quest’ultima, ascoltata dai giudici, ha raccontato di aver confessato a Navazio di averlo tradito più volte anche con Giancarlo Tetta (ucciso a Melfi il 2 aprile 2008) e di aver informato il suo uomo che Mauro Tartaglia la corteggiava insistentemente e le aveva offerto del denaro per stare con lui.
Dopodiché Navazio avrebbe annunciato più volte di voler fare una strage, e i principali obiettivi sarebbero stati proprio Tetta e Tartaglia. Per questo si sarebbe procurato una pistola. L’omicidio dunque era premeditato. Tartaglia e Navazio avrebbero litigato davanti alla concessionaria di auto di proprietà di Marco Ugo Cassotta. Durante la lite Navazio avrebbe estratto una pistola calibro 6.35, e avrebbe sparato a Tartaglia due colpi in faccia e poi altri due colpi alla testa. Poi si è dato alla fuga. Il pm ha fatto notare che ad incastrare Navazio, oltre alle perizie balistiche, che hanno dimostrato la compatibilità tra i colpi rivenuti a terra sul luogo del delitto e la pistola detenuta da Navazio, e allo stub (l’esame che rileva tracce di esplosivo su chi ha sparato da poco, ndr), sono state «evidenze esterne».
Soprattutto testimonianze. Come quella dell’unico testimone oculare, Giuseppe Cacalano, nipote di Adriano Cacalano, quest’ultimo arrestato perché ritenuto responsabile con Massimo Aldo Cassotta dell’omicidio di Giancarlo Tetta, avvenuto il 2 aprile 2008.
Giuseppe Cacalano ha dichiarato che Navazio non ha sparato per difendersi. Poi ci sono le dichiarazioni rese dallo stesso Adriano Cacalano il quale ha raccontato che in carcere durante l’ora d’aria Navazio gli parlava sempre dell’omicidio Tartaglia di cui si attribuiva la paternità e diceva di «non aver fatto nemmeno parlare il ragazzo». Ad uccidere Tartataglia non può essere stato Marco Ugo Cassotta, come ha sostenuto Navazio nell’ultima versione dei fatti fornita agli inquirenti. Diversi testimoni, infatti, hanno confermato che Cassotta quel pomeriggio è sempre stato in compagnia di Adriano Cacalano.
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