Nicola Giordano afferma di essere quasi in credito. Gerardo Vernotico spiega di non avere un euro per sè, figuriamoci per prestarlo ad altri. Matteo Di Palma dice di non voler sentirsi addosso la responsabilità di tutte le cabine telefoniche di Bucaletto. I tre indagati arrestati con l’accusa di essere i finanziatori a Potenza dell’usura gestita dal boss Martorano e fatta ai danni dell’imprenditore Carmine Guarino, rigettano le accuse
23 Settembre 2009
di Giovanni Rivelli
POTENZA - Nicola Giordano afferma di essere quasi in credito con Guarino. Gerardo Vernotico spiega di non avere un euro per sè, figuriamoci per prestarlo ad altri. Matteo Di Palma dice di non voler sentirsi addosso la responsabilità di tutte le cabine telefoniche di Bucaletto.
I tre indagati arrestati con l’accusa di essere i finanziatori dell’usura gestita dal boss Renato Martorano e fatta ai danni dell’imprenditore Carmine Guarino, insomma, rigettano le accuse. Lo hanno fatto ieri, davanti al collegio del Tribunale del Riesame (presieduto da Lucia Gesummaria e composto Antonio Cantillo e Fausto Del Vecchio) tramite i loro avvocati, Donato Pace e Donatello Cimadomo per Giordano, Savino Murro e lo stesso Pace per Vernotico e Mario Marinelli per Matteo Di Palma.
Le richieste dei legali, che ieri hanno discusso per oltre tre ore, dalle 10.30 alle 13.45, sono in pratica le stesse: nullità dell’ordinanza per assenza dei gravi indizi e mancanza dell’attualità e insussistenza dell’aggravante del contesto mafioso non essendoci nessuna prova del comportamento mafioso o intimidatorio.
Una posizione che hanno contrapposto a quella del Pm Francesco Basentini che, anche ieri, è tornato a battere sulle risultanze delle intercettazioni ambientali dei colloqui tra Guarino e la sua segretaria in cui i nomi dei tre vengono fatti espressamente, sui «pizzini» e gli appunti dle Boss, in cui i tre sarebbero indicati con abbreviazioni, sulle testimonianze dello stesso Guarino e di altri, tra cui Rosario Casillo.
Elementi che i difensori hanno cercato di smontare uno per uno. Così, ad esempio, per l’ing. Giordano, rigettando ogni ipotesi di usura, in aula è balenata l’ipotesi di crediti maturati dal professionista per lavori fatti per la società di Guarino e mai pagati a cui si è sommato un prestito restituito senza interessi. Un creditore, insomma, non un usuraio e, hanno detto i difensori, la prova sarebbe negli stessi dischetti sequestrati a Giordano nel corso della perquisizione.
Quanto a Vernotico, la difesa ha battuto molto sulal sua situazione economica, documentata con procedure in atto che renderebbero manifesta l’indisponibilità di somme da prestare.
La difesa di Di Palma, invece, ha contestato le ipotesi di contatti col boss avvenuti con telefonate dalle cabine telefoniche di Bucaletto (dove Di Palma gestisce un circolo-sala giochi) affermando in modo sintetico che la cabina non è la sua e non possono essere ricondotte automaticamente a lui quelle chiamate.
Ma ci sono stati anche dei temi comuni a più posizioni. Come, ad esempio, la «mancanza di attualità». Per Vernotico lo stesso Guarino fa risalire le accuse a oltre 5 anni fa, e tutti evidenziano come 9 mesi di pedinamenti fatti dai Ros non abbiano prodotto frequentazioni con Martorano che, secondo l’accusa, gestiva il giro e distribuiva gli utili. Utili che, hanno spiegato, anche in caso fossero accertati i prestiti, sarebbero difficile determinare nei tassi, stando l’imprecisione del racconto di Guarino tanto sui prestiti iniziali, tanto sulle cifre pagate, quanto sulle epoche delle operazioni.
Al collegio il compito di valutare atti, fatti e versioni. E la risposta potrebbe arrivare domani con la decisione sulle rischieste difensive.
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