di MARCO TUCCI
MELFI - Ancora un intervento a salvaguardia di otto secoli di storia. È ciò di cui ha bisogno la chiesa rupestre che è conosciuta come Madonna delle Spinelle e che, pare, fosse assai cara ai Crociati in partenza per la Terra Santa. La settimana scorsa si è celebrata la ricorrenza annuale e, nel luogo di culto che si trova nell’attuale via Dante Alighieri del rione Valleverde, si sono notati gli ottocento anni di vita che ha l’interno della grotta. Si sono riscontrati, in particolare, i rischi che corre l’affresco della Vergine con Bambino che, appunto, conferisce il nome alla cappella. Insieme ai luoghi analoghi dello Spirito Santo sul monte Vulture, dei Giaconelli sulle colline immediatamente a ridosso di Melfi e di Santa Margherita presso il cimitero, rappresenta un patrimonio di enorme rilevanza. Racconta infatti don Ciro Guerra che, oltre ad esserne il prete titolare, è il responsabile dei beni culturali ecclesiastici della diocesi guidata dal vescovo Gianfranco Todisco.
«Sussiste un valore di doppia natura del sito di cui parliamo. Uno strettamente religioso, per la devozione specifica che in tanti dimostrano andandoci a pregare assiduamente e, soprattutto, la domenica pomeriggio a cura di pie donne che ci tengono molto. Uno artistico, poi, grazie all’alta qualità del dipinto con caratteri tipicamente medievali ed ascendenze di ispirazione bizantina. Purtroppo - prosegue il sacerdote che guida la parrocchia del Sacro Cuore - l’affresco che raffigura Maria con ai piedi l’Abate Leone è veramente deteriorato a causa di infiltrazioni di umido e dell’incidenza di muschi e licheni che, tra l’altro, hanno pure provocato la caduta del pigmento cromatico, con forte rischio di dissolvimento, in assenza di rimedi anche urgenti».

Insomma, serve che si ponga mano al manufatto che, originariamente, era a tre navate e che già in passato, per l’azione dell’acqua, ha subito il crollo di parte della volta, salvando a malapena piccole colonne e nicchie dell’ingresso. «Da mesi ho inviato dettagliata nota alla Soprintendenza competente ed all’Amministrazione comunale - conclude don Ciro - e, per via breve, mi è stato garantito interesse al caso. Adesso è davvero il momento di non attendere ulteriormente».
L’appello, senza dubbio, è girato a tutti gli Enti che devono mettere in atto le azioni necessarie per salvaguardare questo inestimabile tesoro. L’esempio può arrivare dall’attivismo mostrato dai volontari della sede melfitana dell’Archeoclub d’Italia che, insieme all’associazione Compagnia della Terra Nova, hanno ottenuto venticinquemila euro dalla Fondazione Banco di Napoli per il restauro conservativo di grotte affrescate di recente scoperta. «Ma ciò che più conta - dicono i giovani appassionati locali - è che le maglie della burocrazia non intralcino oltremodo l’iter utile a sbloccare gli interventi di qualunque tipo, contemporaneamente alla massima collaborazione di coloro che conoscono le situazione ed i modi per mettere al riparo le opere da qualsiasi rischio». A Melfi, insomma, c’è fermento per il recupero della memoria storica. Indispensabile, però, la disponibilità di chiunque abbia i mezzi per favorirne la conservazione.
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