di GIOVANNI RIVELLI L'ipotesi di reato non è infondata, il provvedimento di sequestro dei soldi corrispondenti a rimborsi «sospetti» ai quattro consiglieri regionali Prospero De Fr anchi (Centro Popolare) Franco Mattia (Pdl), Francesco Mollica (Federazione di Centro) e Giacomo Nardiello (Pdci) resta. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Potenza che ha respinto le istanze di dissequestro presentate dai legali dei consiglieri • Le accuse di Woodcock ai consiglieri
12 Giugno 2009
POETNZA - L’ipotesi di reato non è infondata, il provvedimento di sequestro dei soldi corrispondenti a rimborsi «sospetti» ai quattro consiglieri regionali Prospero De Fr anchi (Centro Popolare) Franco Mattia (Pdl), Francesco Mollica (Federazione di Centro) e Giacomo Nardiello (Pdci) resta. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame di Potenza che ha respinto le istanze di dissequestro presentate dai legali dei consiglieri, l’avv. Sergio Lapenna (che è anche consigliere regionale di Fi per il Pdl) per De Franchi, Mattia e Mollica e l’avv. Giovanni Losasso per la sola posizione di Nardiello. Ma il Riesame ha aperto addirittura scenari nuovi mettendo in qualche modo «in forse», il sistema dei rimborsi utilizzato dal Consiglio anche in relazione agli altri casi e ipotizzando addirittura «illiceità contabile» per le somme pagate, vale a dire non la violazione di una norma penale, ma la possibilità che qualcuno (beneficiario o uffici eroganti) sia chiamato a rispondere di eventuali somme sborsate oltre il dovuto. La questione, così, sembra allargarsi, al punto che la scelta della presidenza del Consiglio di «congelare» i rimborsi finisce con l’essere una prudenza minima.
Il principio affermato dai due collegi di Riesame che si sono pronunciati sull’argomento (un giudice per ogni collegio si è astenuto per incompatibilità a giudicare la posizione di uno degli indagati) è che la somma corrisposta ai consiglieri «va interpretata come rimborso spese» e quindi erogata solo qualora la spesa ci sia effettivamente stata. «Non contraddice tale conclusione - spiegano i giudici - la tesi della difesa e il comma 5 dell’articolo 8 della legge che lega l’entità a un numero fisso di sedute mensili. In primo luogo, il criterio di determinazione non può mutare la chiara natura normativa dell'istituto. Tale indicazione (i 18 rimborsi mensili, ndr) costituisce una determinazione aprioristica dell'entità del rimborso del tutto vincolata dalla verifica dell'effettività della spesa sostenuta dall'avente diritto ed addirittura dovuto nella misura massima delle 18 sedute. Tale conclusione è ancora più da rifiutare proprio sulla scorta della norma che impone una percorrenza chilometrica dal luogo di residenza al capoluogo di regione. Al contrario è quasi ovvio affermare che intanto il rimborso sia dovuto in quanto effettivamente la partecipazione del consigliere e la spesa per la percorrenza con mezzo proprio dal luogo di residenza al capoluogo di regione sia in concreto sostenuta».
Seguendo questo ragionamento, nessun rimborso deve esserci se il consigliere non sostiene la spesa, perchè è domiciliato a Potenza, ma anche perchè viaggia in auto con un collega o con un’altra persona o perchè, in modo più semplice, un mese (come spesso avviene ad agosto) viene un numero di volte molto inferiore alle 18 o non ci viene proprio. E comunque la norma «non impedirebbe la singolo consigliere di non inoltrare la richiesta di rimborso qualora non ne ricorrano i requisiti sostanziali».
«Risulta altrettanto evidente - dicono i giudici - che qualora il consigliere residente fuori sede non raggiunga il capoluogo di Regione dalla sua residenza, la sua posizione non differisca da quella dei consiglieri residenti in sede». E la liquidazione automatica, per il riesame, sarebbe sbagliata: «La prassi invalsa dagli uffici regionali - dicono - di svincolare la pratica della liquidazione da una puntale verifica dell'an e del quam del dovuto è una prassi che se effettivamente esistente implicherebbe profili di evidente illiceità anche contabile». GIOVANNI RIVELLI
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