Siamo all’invenduto. Nonostante tutto, Matera e i sui 30 comuni hanno buone possibilità per reagire a una crisi che non è solo di mercato. La manutenzione del territorio potrebbe essere una valvola di sfogo eccezionale. Tutto questo senza contare l’altra miniera a cielo aperto mai sfruttata rappresentata dal risparmio energetico, la possibilità di produrre energia pulita a basso costo, minore dipendenza da altre fonti, se solo si iniziasse a sfruttare il fotovoltaico e a dotare almeno tutte le strutture pubbliche di pannelli solari
18 Maggio 2009
di PASQUALE DORIA
MATERA - Sono ormai lontanissimi gli anni a cavallo tra il 1951 e il 1971, quando a Matera vennero realizzati oltre 5 mila nuovi alloggi. Il programma di edilizia pubblica decollò a valle del risanamento dei rioni Sassi. Risultò di dimensioni ciclopiche anche perchè legato ad altre notevoli iniziative di riforma, si pensi solamente alle opere per la realizzazione della diga di San Giuliano. A parte i numeri, in percentuale mai registrati prima a Sud di Roma, sono molte altre ancora le ragioni per cui questa cantierizzazione in grande stile divenne un caso nazionale. Da allora, però, il settore edile, allevato più sotto la spinta dello Stato che del privato, ha assunto un ruolo preminente nell’economia locale. Tanto da orientare per decenni le scelte maturate nell’ambito cittadino, anche oltre i propri confini.
Eppure, questo ciclo, come quello più brillante e meno longevo dell’industria del salotto, sembra aver esaurito ogni possibilità di ulteriore crescita. Anzi, è noto che nell’ultimo semestre, da ottobre a marzo, è stato registrato il 15 per cento in meno della massa salari su scala provinciale. Vale a dire una spesa di 5 milioni di euro in meno rispetto a sei mesi prima. Sul piano occupazionale la cosa si è tradotta in una una contrazione occupazionale di 600 unità, passando da 5 mila unità a 4.600. E a monte, si contano 100 imprese in meno, da 800 si è scesi a 700. Proiettando lo sguardo al prossimo semestre, si prevede che a settembre le cose possano peggiorare ancora, pregiudicando seriamente ulteriori ipotesi d’investimento. Sono dati che con una certa approssimazione, ma sostanzialmente negativi, conoscono bene tanto alla Cassa Edile, la centrale del mattone legata a Confindustria, quanto all’Edilcassa Basilicata, il cartello di organizzazioni di categoria che in qualche modo è concorrenziale da circa un ventennio al primo che, non di rado, specialmente in passato, ha agito in regime di quasi monopolio.
C’è chi mette in conto anche un inverno particolarmente piovoso tra i fattori che hanno inciso negativamente sull’andamento complessivo del settore, ma per quanto empiricamente, a livello di rogiti notarili, par di capire che anche questa categoria professionale abbia registrato la flessione in atto che forse prefigura solo in superficie quello che secondo le previsioni meno ottimiste potrebbe realmente verificarsi a partire dal prossimo autunno. Insomma, siamo all’invenduto. Nonostante tutto, Matera e i sui 30 comuni hanno buone possibilità per reagire a una crisi che non è solo di mercato. La manutenzione del territorio potrebbe essere una valvola di sfogo eccezionale. Si pensi proprio ai quartieri storici costruiti a Matera nel dopoguerra, oppure alla possibilità di lavoro che la manutenzioen attiva significherebbe per un piccolo centro dell’interno afflitto dallo spopolamento. Si assicurerebbero non solo salari e lavoro a livello di manodopera, ma anche maggiore vivibilità, qualità, decoro urbano e interventi di adeguamento lì dove occorre più sicurezza dal punto di vista statico. Tutto questo senza contare l’altra miniera a cielo aperto mai sfruttata rappresentata dal risparmio energetico, la possibilità di produrre energia pulita a basso costo, minore dipendenza da altre fonti, se solo si iniziasse a sfruttare il fotovoltaico e a dotare almeno tutte le strutture pubbliche di pannelli solari.
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