Il caso
Lo scandalo del porto di Molfetta: «Lavori con materiali scadenti». La Corte dei Conti: paghino i tecnici
Fascicolo per danno erariale. La Procura chiede 250mila euro a tre progettisti e dirigenti
bari«Tutti sapevano» che per le opere di completamento del porto commerciale di Molfetta erano stati usati materiali di «dubbia provenienza»: non gli inerti previsti dai capitolati, ma terre provenienti da scavi privati e - in alcuni casi - persino rifiuti speciali. Una truffa ai danni delle casse pubbliche, scoperta nel 2023 dalla Procura di Trani, che ha portato a processo tecnici e imprenditori ritenuti responsabili. Ma intanto per tre di lor è scattata la richiesta di risarcimento del danno.
La Corte dei conti ha notificato un invito a dedurre al dirigente comunale Alessandro Binetti, responsabile del procedimento, al direttore dei lavori Renato Marconi e al direttore operativo Gianluca Loliva. Ai tre ingegneri il sostituto procuratore generale Pierlorenzo Campa contesta i 250mila euro che l’impresa appaltatrice avrebbe risparmiato (in appena tre mesi, tra ottobre e dicembre 2021) «dall’attività illecita di conferimento di materiali difformi rispetto a quelli previsti nel capitolato speciale di appalto».
Lo scandalo emerse a ottobre 2023 quando il gip di Trani, Lidia Corvino, ha disposto i domiciliari per Giuseppe Dell’Erba, rappresentante legale della società fornitrice del materiale lapideo, e l’intedizione per Loliva e Binetti. Ai nove indagati (tra cui Marconi) è contestata a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità l’ipotesi di truffa, frode in pubbliche forniture e gestione illecita dei rifiuti. Lo scorso anno nei confronti di Dell’Erba è stato disposto il giudizio immediato, mentre per gli altri ad aprile la Procura di Trani ha chiesto il rinvio a giudizio.
La consulenza tecnica disposta dalla Procura ha accertato che le due società fornitrice dei materiali lapidei, subappaltatrici della Cmc di Ravenna, avrebbero predisposto false attestazioni relative alla provenienza della pietra utilizzata per i lavori di costruzione del secondo braccio del molo di sopraflutto, che in realtà non era conforme a quanto richiesto: sulla carta risultavano acquistati in due cave della zona, ma in realtà sarebbero stati caricati in un cantiere edile di Bisceglie senza alcuna certezza sulla reale consistenza del materiale che non era stato sottoposto a caratterizzazione.
La Procura contabile ha dunque rilevato la responsabilità dei tecnici, a partire dal Rup fino ai responsabili di cantiere. Il responsabile del procedimento «è tenuto alla verifica della complessiva regolarità della procedura e alla cura, in ciascuna fase di attuazione degli interventi, del controllo sui livelli di prestazione, di qualità e di prezzo determinati in coerenza alla copertura finanziaria». Dalle intercettazioni disposte in sede penale è invece emerso che Binetti «ha dolosamente ignorato la e-mail inviatagli dal suo supporto con la quale veniva avvertito delle gravi anomalie nelle forniture, concorrendo ad aggravare il danno ambientale e quello finanziario a carico del Comune di Molfetta e del ministero». Anche Loliva e Marconi, accusa la Procura erariale, «sono rimasti silenti di fronte a quella che è stata definita “una pericolosa azione di locupletazione commerciale”, le cui conseguenze, a motivo del materiale non idoneo fornito, sono non solo il danno erariale, ma, probabilmente il danno marino, quello ambientale e, soprattutto, la instabilità dell'opera in corso di realizzazione». I tre, secondo l’accusa, sapevano che i lavori venivano portati avanti con materiali non adatti, ma non sono intervenuti. «Le opere in esame - è detto nell’invito a dedurre - sono qualificate come di messa in sicurezza, ma ciò non ha per nulla preoccupato ed impensierito tutti i soggetti in questione, i quali, per tutto il tempo delle indagini, non si sono sentiti in dovere di desistere dal loro intento illecito, se non quando nel cantiere del Porto Commerciale sono giunti i militari della Guardia di Finanza per gli accertamenti del caso. Salvo, poi, a proseguire, comunque, nel loro intento criminoso». Il danno è contestato a titolo di dolo eventuale, o di colpa gravissima nei confronti di Binetti cui viene addebitato il 30% della somma totale. Ora i tre ingegneri potranno chiedere di essere ascoltati per spiegare le proprie ragioni, poi la Procura diretta dalla dottoressa Carmela de Gennaro valuterà se proseguire con l’atto di citazione.