la vertenza

Crisi Natuzzi, 400 gli esuberi a rischio. I sindacati: «Lo Stato è assente. I dazi? Solo una parte del problema»

rita schena

L’allarme: «Non si può vivere di ammortizzatori sociali. Già da un anno gli stipendi non sono pagati regolarmente, andando avanti con acconti su acconti»

Una spada di Damocle che pende su 400 «esuberi» che sono persone e famiglie. Una multinazionale che da 20 anni ricorre in maniera massiccia agli ammortizzatori sociali, senza riuscire a mettere in campo altre misure di rilancio. Una struttura che se dovesse non cadere, ma anche solamente incrinarsi, potrebbe creare un effetto a catena con riflessi disastrosi su un distretto che conta circa 5mila addetti tra aziende dirette ed indotto. No, la crisi Natuzzi non è una semplice vertenza, ma specchio di un sistema insostenibile, dove a pagare sono sempre e solo i lavoratori.

«A questo aggiungiamo che la cassa integrazione, che fino ad ora è stata utilizzata, va in scadenza al 31 ottobre di quest’anno nel più completo silenzio istituzionale. Abbiamo chiesto un tavolo di incontro ministeriale, ma ad oggi (e mancano dieci giorni a fine mese) non abbiamo ricevuto alcuna risposta». Ignazio Savino, segretario generale Fillea Cgil Puglia e Davide Lavermicocca segretario generale Fillea Cgil Bari battono già i tamburi di guerra, al fianco della Rsu e Rsa del Gruppo Natuzzi, con le segreterie nazionali e territoriali di Feneal Uil, Filca Cisl, Uiltucs e Fisascat Cisl hanno appena lanciato lo stato di agitazione come manifestazione di «fortissime preoccupazioni di lavoratrici e lavoratori rispetto all’attuale situazione aziendale».

«Nel 2022 avevamo chiuso un accordo per un Piano industriale che poteva dare una certa sostenibilità – spiega Savino -, è stato rivisto nel 2024 garantendo una serie di strumenti di supporto, tra i quali una serie di decontribuzioni che avrebbero consentito all’azienda di avere maggiore spazio per lo sviluppo. Ma in realtà così non è stato. Su quel Piano ci sono le firme del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del Lavoro, peccato che ad oggi quel sostegno che lo Stato aveva promesso non è stato garantito».

«Non possiamo accettare che tutto questo ricada ancora e sempre sui lavoratori – fa eco Lavermicocca -. Il Gruppo Natuzzi conta circa 2mila dipendenti, è una realtà imprenditoriale multinazionale che ha il suo cuore nel distretto del salotto murgiano, a cavallo di due regioni e tre province con i suoi cinque stabilimenti tra Matera, Santeramo, Altamura e Laterza. Ma ad oggi è già da un anno che non paga regolarmente gli stipendi andando avanti con acconti su acconti. Qui il problema è che chi deve fare la sua parte non la fa e intendo il Governo da una parte e l’azienda con le sue promesse di rilancio non mantenute dall’altra».

Secondo i sindacati il fallimento di questo ennesimo Piano industriale non è solo per fattori esterni come lamentato dalla Natuzzi, ma anche e soprattutto per il mancato sostegno da parte dello Stato, che si aggiunge a precise responsabilità aziendali. Nessun vero progetto di innovazione o rilancio, nessuna idea di riposizionamento, solo un massiccio ricorso ad ammortizzatori sociali, con il rischio tra pochi giorni che anche questi possano finire.

«C’è una questione di riqualificazione delle maestranze che non è mai stata realmente affrontata – spiegano i due segretari -. Natuzzi è in Puglia la seconda azienda per grandezza di assunti dopo l’Ilva di Taranto, se non è in buona salute gli effetti ricadono su un indotto che conta forse più di 5mila addetti. Se a Bari e nell’automotive si cerca di sostenere la Bosch, Natuzzi nella Murgia ha un peso specifico almeno pari alla fabbrica barese. I lavoratori sono stanchi. E come dar loro torto? In 20 anni di ammortizzatori praticamente tutti i dipendenti hanno conosciuto un periodo più o meno lungo di non lavoro. Questo ha un riflesso diretto sugli stipendi di oggi, ma anche sulle pensioni di domani. Anche per questo non è più possibile andare avanti mettendo toppe su toppe».

La Natuzzi lamenta che il Piano industriale del 2022 pur aggiornato nel 2024 non è stato in grado di assorbire le difficoltà internazionali: dalla guerra in Ucraina che ha fatto schizzare il costo dell’energia, ai conflitti mediorientali che con gli abbordaggi dei miliziani Houti dello Yemen hanno reso impraticabile la rotta sul mar Rosso, ai rincari dei materiali e poi i recenti dazi… di fatto gran parte delle politiche commerciali internazionali sono diventate insostenibili.

«Sì, solo che questo è solo una parte del problema – ribatte Lavermicocca -. Resta il fatto che da 20 anni la Natuzzi ha fatto incetta di fondi pubblici con promesse di progetti di sviluppo che mai sono stati avviati, a fronte di scelte strategiche imprenditoriali che si sono rivelate senza effetti. Hanno detto di aver portato in Italia alcune linee di produzione che erano in Cina. Davvero? Perché i lavoratori non se ne sono mica accorti. E poi c’è lo Stato, il grande assente. In questo Governo si fa un gran parlare del sostegno al made in Italy, ma dove? Nel rimanere in silenzio ad una richiesta di incontro a 10 giorni dalla scadenza di un ammortizzatore sociale?».

Una cassa integrazione che i sindacati oggi contestano anche come stampella quasi strutturata per rispondere ad una crisi. «Noi puntiamo al superamento dello strumento degli ammortizzatori sociali senza fine – che sia chiaro sottolineano con forza i due segretari -. Non possono essere la soluzione a così lungo termine. Pretendiamo una salvaguardia vera dell’occupazione e un effettivo rilancio delle produzioni industriali».

Che il Governo batta un colpo, che l’azienda faccia la sua parte. Il messaggio è forte e chiaro: basta far cassa sulla pelle dei lavoratori.

Privacy Policy Cookie Policy