L'inchiesta
Neonato morto a Bari, il piccolo era vivo: «Dalla culla non partì nessuna telefonata al parroco»
Il piccolo, poi chiamato Angelo, secondo i primi risultati dell’autopsia sarebbe morto per ipotermia
BARI - I tabulati telefonici hanno confermato quello che gli accertamenti tecnici sulla culla avevano già suggerito e che il parroco diceva dal primo giorno: la chiamata dal dispositivo collegato alla culla che avrebbe far squillare il cellulare di don Antonio Ruccia non è mai partita.
Un’altra piccola certezza che si aggiunge al mosaico di tasselli che la Procura sta mettendo in ordine per ricomporre il quadro di una tragedia: la morte di un neonato, quasi sicuramente a causa del freddo, il cui corpicino senza vita è stato trovato la mattina del 2 gennaio nella culla termica ospitata in una saletta adiacente alla chiesa di San Giovanni Battista nel quartiere Poggiofranco di Bari. E a questa piccola certezza se ne aggiunge un’altra, che rende la tragedia, se possibile, ancor più dolorosa: gli accertamenti medico legali confermerebbero che il bambino – dell’età stimata di 20 giorni – era stato lasciato lì vivo e in discreta salute.
LA CONSULENZA TECNICA La pm Angela Maria Morea e il procuratore aggiunto Ciro Angelillis attendono entro la fine della settimana il deposito della consulenza tecnica sulle apparecchiature del locale adibito a culla termica. I consulenti nominati dalla Procura (il professor Saverio Mascolo e il tecnico Luigi De Vecchis) nei giorni scorsi hanno chiesto una proroga di una settimana per svolgere alcuni accertamenti ulteriori. Le prime verifiche hanno già messo in luce alcuni punti critici: i sensori del “tappetino” della culla, che avrebbero dovuto far partire una telefonata al cellulare del parroco una volta rilevato il peso del bambino, non funzionavano. E dal climatizzatore, che avrebbe dovuto emettere aria calda una volta rilevato il movimento umano, sarebbe invece uscita aria fredda, probabilmente a causa di una perdita di gas.
L’AUTOPSIA Il piccolo, poi chiamato Angelo, secondo i primi risultati dell’autopsia sarebbe morto per ipotermia. Il medico legale Biagio Solarino al quale i pm hanno conferito l’incarico, depositerà la relazione conclusiva nelle prossime settimane. Le domande alle quali la relazione dovrà rispondere riguardano vari aspetti: l’età esatta del bambino, la presenza di eventuali patologie, il momento del decesso e le sue cause (ed eventuali concause), la comparazione tra le condizioni in cui è stato trovato il corpo e quelle dell’ambiente in cui si trovava. Risposte che potrebbero aiutare anche a ricostruire temporalmente le fasi dell’abbandono fino al ritrovamento. Un dato che sembra emergere senza troppi dubbi è che sia stato lasciato lì vivo. L’intenzione della mamma (ignota) sarebbe stata quindi di salvare il bambino. Ma quella “culla della vita” si è trasformata in poche ore in un giaciglio di morte.
L’INDAGINE Subito dopo il ritrovamento del neonato morto, la Procura ha aperto un fascicolo con due ipotesi di reato: abbandono di minore seguito da morte a carico di ignoti (la mamma non identificata) e omicidio colposo nei confronti del parroco, don Antonio Ruccia, e del tecnico Vincenzo Nanocchio, che nel 2014 installò la culla e che il 14 dicembre scorso, dopo alcuni blackout, cambiò l’alimentatore.
Oltre alla due consulenze tecniche - quella sulla culla, tuttora sotto sequestro, in corso nei laboratori del Politecnico di Bari; e quella medico legale – gli inquirenti hanno delegato ulteriori accertamenti ai poliziotti della Squadra mobile: l’acquisizione e l’analisi dei tabulati telefonici della sim dell’allarme connesso alla culla e del cellulare del parroco (unica utenza collegata), l’audizione di persone informate sui fatti (i tecnici dell’Enel con riferimento ai blackout di metà dicembre, il primario della Neonatologia del Policlinico che dieci anni fa aveva donato l’incubatrice, parrocchiani e residenti) e le verifiche sulle telecamere di videosorveglianza della zona. È stata fatta poi una ricerca, anche documentale, per capire se esista un regolamento, un protocollo, sulla gestione di questi dispositivi e la risposta è stata negativa.
L’obiettivo, cioè, è verificare il funzionamento della culla e, di conseguenza, le eventuali responsabilità per la mancata manutenzione del dispositivo, risultato non funzionante, dal momento che non si sarebbero attivati correttamente sia il «tappetino», cioè la base su cui poggia la culla (i sensori non avrebbero rilevato il peso del neonato, non mandando il segnale al sistema di allarme collegato al telefono del parroco, mai scattato), sia l’impianto di climatizzazione della saletta (avrebbe emesso aria gelida e non calda).
Concluse le verifiche tecniche, la Procura chiuderà l’inchiesta stabilendo a chi attribuire le eventuali responsabilità per i mancati controlli o per lo stesso malfunzionamento. Una decisione, quella dei magistrati, che potrebbe arrivare entro la primavera.