Il caso
Bari, 70 vigilantes a rischio nell’ex azienda del dg Arpal
Fallita la Vige della famiglia Degennaro: per un anno è stata guidata da Cassano
BARI - C’è tempo fino al 30 marzo. Poi, se nessuno si sarà fatto avanti, per i 70 lavoratori dell’istituto Vige l’unica prospettiva sarà il licenziamento e magari la presa in carico da parte dell’Arpal, l’Agenzia regionale per le politiche attive del lavoro. La Vige è fallita nello scorso novembre con debiti per poco meno di due milioni di euro: la società, che si occupa di vigilanza, è di proprietà della famiglia del direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano, che per un anno ne è stato anche il presidente. Incroci del destino. Perché a spingere il Tribunale di Bari (quarta sezione, relatore De Palma) a dichiarare il fallimento della Vige è stato il (secondo) ricorso di quattro ex dipendenti cui non erano stati corrisposti gli arretrati, gli stessi che ora Cassano potrebbe trovarsi a dover tutelare come manager pubblico. Vige, di cui è amministratore Pietro Sifo, avvocato, ex consigliere comunale di Giovinazzo, si occupa di vigilanza giurata e vigilanza fiduciaria sia nelle strutture della famiglia Degennaro (Interporto di Bari, Baricentro di Casamassima) sia in ospedali pubblici (Terlizzi, Capurso, Triggiano e il telesoccorso di alcune guardie mediche): il Tribunale ha concesso l’esercizio provvisorio fino, appunto, a fine marzo, ma i lavoratori non hanno percepito nemmeno gli stipendi di ottobre e novembre mentre quello di dicembre è stato pagato la scorsa settimana. E poi ci sono, appunto, gli arretrati: ratei di tredicesima, il premio di risultato 2019, il Tfr, il porto d’armi...
Su alcune di queste voci c’è un giallo. Perché la Vige, il cui presidente da febbraio 2019 è Anna Degennaro ha presentato reclamo contro il fallimento sostenendo di aver depositato la «desistenza» (la prova di pagamento). I giudici di appello decideranno il 16 febbraio. Ma nel provvedimento di novembre si legge che l’istituto (operativo dal 2015 sulle ceneri di una precedente attività che si occupava della vigilanza del Baricentro) registra «significative perdite di esercizio» fin dal 2016, e che comunque esistono «ingenti debiti tributari e previdenziali» (circa un milione di euro): «Emerge - è detto in sentenza - una situazione patrimoniale gravemente deficitaria, senza che sia stato convincentemente prospettato un favorevole andamento futuro degli affari o eventuali ricapitalizzazioni dell’impresa che consentano di invertire il trend negativo». Situazione che si riverbera sui lavoratori: Vige «non paga con regolarità gli emolumenti dovuti ai propri dipendenti tenuto conto dei pagamenti rateizzati, per precedenti ritardi, di talune voci di retribuzione». Tre dei quattro ex lavoratori avevano già fatto una prima istanza di fallimento per ottenere parte dei loro soldi. «Seguiamo attentamente tutta la fase della gestione provvisoria per cercare di garantire i livelli occupazionali esistenti», dice Giuseppe Zimmari, segretario regionale della Uiltucs (commercio), una delle sigle sindacali che segue la vertenza. Se il fallimento dovesse essere confermato in appello, la speranza è che si arrivi a una cessione di ramo di impresa a un altro operatore del settore. Altrimenti si busserà alla Regione. La carriera politica di Cassano, ex sottosegretario al Lavoro con Renzi e Gentiloni cui fa capo una delle tre liste (Popolari) che reggono la maggioranza di Michele Emiliano in Regione, nulla ha che fare con la sua attività imprenditoriale. È stato nominato commissario straordinario di Arpal a gennaio 2019, un mese prima di lasciare le cariche nell’istituto di vigilanza fallito a novembre. La scorsa settimana ha ricevuto (insieme alla moglie e al cugino) un avviso di conclusione delle indagini per la bancarotta di un’altra società di famiglia, la Work System: i suoi avvocati chiederanno l’archiviazione ritenendolo estraneo al presunto «crac». Ma anche lì ci sono lavoratori licenziati e stipendi non corrisposti.