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Bari, cancellata condanna a ex primario Neurochirurgia, ma pagherà i danni

Massimiliano Scagliarini

Pasqualino Ciappetta era accusato di aver truffato il sistema sanitario effettuando visite e interventi in una clinica privata romana

Nel 2010 finì ai domiciliari con l’accusa di aver contribuito al sistema dei fratelli Tarantini, quello delle protesi d’oro. Ieri la Corte d’appello ha chiuso con la prescrizione anche il percorso giudiziario di Pasqualino Ciappetta, il neurochirurgo all’epoca primario del Policlinico di Bari, chiamato a dover rispondere dell’ultima accusa rimasta: quella di aver truffato il sistema sanitario, effettuando visite e interventi in una clinica privata romana.

In primo grado a novembre 2017 Ciappetta è stato condannato a un anno e 6 mesi: nonostante il rapporto di esclusiva con l’azienda ospedaliera barese, nei fine settimana il neurochirurgo operava a «Villa del Rosario», a Roma. Per questo - sulla base delle indagini condotte dalla Finanza, che innescò anche un procedimento della Corte dei conti - gli furono sequestrati anche 70mila euro, pari al profitto che avrebbe illegittimamente ottenuto con il doppio lavoro. Ma i fatti (10 interventi chirurgici e 8 visite effettuate nell’arco di 4 anni, dal 2006 al 2009) sono ormai troppo datati, e così i giudici di appello (presidente Gozzo, relatrice Schiralli) hanno dichiarato la prescrizione. Ciappetta dovrà tuttavia risarcire Policlinico, Università degli Studi di Bari e Regione Puglia (rappresentata dall’avvocato Francesco Marzullo) e rimborsare le spese legali.

Si chiude dunque un altro capitolo delle inchieste che alla fine dello scorso decennio rivoltarono il sistema della sanità pugliese. Il caso Ciappetta è lo stralcio di uno dei tanti processi ai fratelli Tarantini, per i quali già in primo grado era stata dichiarata la prescrizione delle accuse di di corruzione, concussione e turbativa d’asta: in cambio dell’acquisto delle protesi commercializzate dai Tarantini, Ciappetta avrebbe ottenuto viaggi, congressi medici, l’utilizzo di una macchina con autista e a volte anche la spesa da un noto salumiere del centro di Bari. Il medico romano - scrissero però i giudici in sentenza - aveva messo in atto un «mercimonio della pubblica funzione in vista dei vantaggi privati». Un rapporto chiuso nel gennaio 2009, quando Ciappetta (che venne poi sospeso dal Policlinico e nel frattempo è andato in pensione) non aveva trovato l’auto di Tarantini ad attenderlo in aeroporto.

A 10 anni dalle indagini della Procura di Bari sulla sanità pugliese, le condanne divenute definitive si contano sulle dita di due mani e - al momento - non riguardano direttamente gli appalti finiti nel mirino. La vicenda Ciappetta è a sua volta uno stralcio dei fatti che riguardano altri due medici, Ilaria Tatò e Vittorio Patella, condannati in primo grado (insieme a Gianpi Tarantini) per una presunta associazione a delinquere: è in corso il processo d’appello e anche questa accusa sta per prescriversi, dopo che il decorso del tempo aveva già cancellato 14 dei 21 capi di imputazione.

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